L’insediamento abitativo nel colle avvenne in epoca romana, quando esso divenne adiacente al percorso stradale che congiungeva Iulium Carnicum (Zuglio) con Forum Iulii (Cividale), percorso tuttora esistente.
Poi, in epoca tardo antica, la necessità di difesa dalle orde di popolazioni in transito verso Roma stimolò la costruzione di sbarramenti nelle valli e di un sistema di torri di avvistamento che, presumibilmente, includeva il colle quale indispensabile raccordo tra Artegna e Tarcento.
Il colle ed il borgo non conservano tracce evidenti del più importante passaggio storico dell’area centro-collinare cui appartiene, avvenuto nel 737 quando la diocesi di Iulium Carnicum sotto i Longobardi venne annessa a quella di Aquileia, e Civitas Australis (il nuovo nome per Forum Iulii) divenne sede del duca del Friuli, del re e del patriarca.
La prima attestazione è dell’aprile 1265: “de uno colle sito in villa de Prampergo”.
A prima del 1000 è riferibile la costruzione sul colle di un ricovero per cavalli, il cui muro settentrionale mostrava una fila di buchi per alloggiare una tettoia di legno. L’intervallo regolare tra foro e foro è misurabile in piedi drusiani (m 0,333), in uso ai tempi di Carlo Magno.
Attualmente del borgo non rimane quasi nulla.
In alto sul colle compare la sagoma del risorto castello di Prampero, purtroppo incompleto. Il nome viene dal tedesco Brand (luogo disboscato con il fuoco) e Berg (castello). In un documento del 1107 si cita tale “Gotstcalc de Prantpero”, ma esistono tracce di fortificazioni databili a prima del Mille, probabilmente, del periodo degli imperatori Sassoni del X secolo.
Il complesso castellano era composto da una serie di edifici articolati attorno ad un cortile interno; tra questi vi erano la torre quadrata, la domus residenziale e l’edificio con loggia rinascimentale. C’erano, inoltre, delle pertinenze rappresentate da un mulino, una chiesa, un orto ed un frutteto.
Successivamente al terremoto del 1976, che lo distrusse completamente, si intraprese un restauro che ha riportato il rudere alla sua dignità di castello. È stata ricostruita la torre Nord coperta con loggia, il palatium, il muro di nord-est e il portale in pietra che immette nella corte; si spera che si arrivi alla ricostruzione della Torre Gemona, per ridargli l’aspetto castellano originale, almeno nel lato anteriore.
L’aspetto interno del corpo centrale mostra elementi di epoche e stili diversi, su cui si sono dovute fare delle scelte in fase di ricostruzione.
Il comune, con l’aiuto della Protezione Civile, ha messo anche in sicurezza i percorsi che costeggiano il castello lungo il Rio Prampero.
L’anno di fondazione del castello – il castrum – è il 1025, quando il patriarca di Aquileia Poppone concesse in feudo un colle e diede licenza al feudatario proveniente dalla città di Augusta in Baviera di costruirvi un maniero. L’avvenimento è ripetutamente tramandato nei documenti d’archivio della famiglia “di Prampero” e confermato da una lapide antica ancora conservata.
Il castrum originale, presumibilmente, era costituito dalla torre Nord (non abitabile, costruita nello stile del periodo patriarchino) e da una cerchia di mura con edifici imprecisati, strutturato sull’unità di misura del piede bizantino (m 0,312) secondo le prescrizioni vitruviane per la costruzione dei luoghi fortificati.
Successivamente, ci fu, attorno al 1121 (sempre da documenti di archivio), un rifacimento del complesso con un raddoppio della Torre Nord e vennero aggiunte le altre due torri (si veda lo schema annesso); il tutto è identificabile in quanto venne cambiata l’unità di misura delle costruzioni.
Abitabile era solo la torre Gemona, detta anche torre quadrata, mentre la torre Tarcento, attualmente scomparsa, ospitava una cappella religiosa.
Nel 1274 nei documenti d’archivio sono menzionati due palatia: quello che congiunse la torre Gemona con la torre Nord e che, innalzandosi via via nei secoli, finì con il conglobarla e quello accanto alla torre Tarcento, riscontrabile solo dai muri fondanti e dal materiale grafico.
Il castello non porta segni di distruzione umana. Due, invece, furono i terremoti che distrussero quasi totalmente i fabbricati del comprensorio di Prampero (1511 e 1976), ma nel tempo in questa zona si registrarono altri violenti e ripetuti disastri sismici (1116, 1222, 1279, 1301, 1348, 1403). Le cronache non menzionano specificamente il castello tra i beni allora danneggiati, ma è la costruzione stessa che porta segni di rifacimenti riconducibili ai terremoti ivi descritti.
Dopo il terremoto del 1511, l’archivio famigliare della famiglia di Prampero attesta che le opere di restauro impegnarono i consortes di Prampero durante tutto il XVI secolo, con il determinante apporto finanziario di Gio Gioseffo (1518-1595), di Fulvio (1554-1602) e di Gio Francesco (1530-1615).
Se si escludono la torre Tarcento – che non fu ripristinata – e la loggetta a Ovest nel corpo sopraelevato della torre Nord – prima non esistente – il castello, apparentemente, venne ricostruito senza particolari ammodernamenti, nell’osservanza dei principi costruttivi precedenti, rispettati anche nell’edificazione nella corte del nuovo corpo con la scala esterna (1595). Il maniero prese allora l’aspetto che mantenne fino al crollo del 1976, con la grande torre quadrata e l’adiacente corpo principale che si estendeva fino al complesso con loggetta,
sovrapposta all’originaria torre Nord, e con l’ingresso laterale che accedeva alla corte interna; sul lato a nord-ovest, appoggiata esternamente, compare la grande loggia esterna.
Il castello, ampliandosi, divenne residenza dei consortes della famiglia di Prampero, titolare anche di altri castelli in zona, tra cui Artegna e Ravischiano, ed insieme quartier generale del giusdicente, cioè del maschio primogenito investito dal patriarca (e in seguito dal governo veneziano) del rinnovo del feudo. Tale assetto rimase fino alla soppressione dell’istituto giuridico del feudo da parte dello Stato italiano (1870).
Fu allora che il castello e il colle furono acquistati dai fratelli Antonino e Ottaviano di Prampero, divenendo pertanto un bene privato della storica famiglia, con ininterrotta genealogia dalle origini.
Come detto, il castello è proprietà privata del ramo principale della famiglia di Prampero e pertanto è visitabile solo in occasione di eventi particolari.
Sul pendio sotto il castello, sorge la cappella di Santa Margherita, riedificata con intervento di Stato dopo il terremoto del 1976 e resa al culto nel 1993.
La cappella di Santa Margherita, a pianta rettangolare, l’abside con la volta a crociera, una bifora campanaria a vela sulla facciata, risulta esistente nel 1384 e fu eretta, presumibilmente, da Simone di Prampero, un illustre feudatario con beni dalla Carnia all’Istria. Nel 1409 il figlio Giacomo Giusto la dotò di redditi propri e nel 1413 divenne giuspatronato dei consortes di Prampero (ovvero la famiglia di Prampero deteneva l’amministrazione dei beni legati e la scelta del sacerdote titolare). Attualmente la cappella di Santa Margherita appartiene alla Forania di Tarcento ed è aperta, saltuariamente, al culto.

Info:
Via Castello, Magnano in Riviera
Il castello è abitato dai conti di Prampero, alle volte però durante la manifestazione Castelli Aperti viene aperto a visite.
Venendo da Udine, si supera il bivio per Tarcento e si arriva all’incrocio con l’indicazione di Montenars; si segue la strada e si giunge all’indicazione della frazione di Prampero; qui si prende la stradina a destra e si arriva ad un piccolo colle su cui si innalzano sempre a destra prima l’edificio della chiesetta di Santa Margherita e poi il castello di Prampero.

Vedi anche: http://www.quaderni.archeofriuli.net/wp-content/uploads/QFA-29-Minguzzi.pdf – Simonetta Minguzzi. Gli scavi dell’Università di udine nei Castelli del Friuli (2003-2014).

Periodo Storico: Basso Medioevo
Localizzazione Geografica
Visualizzazione delle schede relative a contesti archeologici visibili nell'arco di 5 km dalla località di partenza