Il foro è il primo monumento romano che il visitatore può osservare quando arriva ad Aquileia. La prima individuazione di una “piazza” si deve già al canonico Gian Domenico Bertoli, che infilando il suo bastone nel terreno sentì la presenza di un vasto lastricato, che naturalmente non poté comprendere fosse l’antico foro romano.  Lo scavo, sebbene iniziato nei lontani anni Trenta  (nel 1936 sono state rialzate alcune colonne del colonnato orientale), è ancora in fase di ultimazione: si sta indagando la parte occidentale, con il relativo colonnato.
Il foro attuale sorge in una zona che fin dall’origine era costituita da un avallamento naturale: per questo i Romani resero l’area non transitabile se non dai pedoni. Nel foro, precisamente  a un terzo della sua lunghezza, verso sud, si univano idealmente il decumano della centuriazione, che a ovest seguiva il tracciato del canale Anfora, e quello del cardine massimo, ancora oggi in qualche modo è riproposto dalla strada che attraversa la città, denominata “via Giulia Augusta” solo dalla fine dell’Ottocento.
Il foro era il luogo più nobile della città romana, cuore della vita civile e religiosa: vi si svolgevano comizi elettorali, processi, cerimonie, vi erano esposti leggi e decreti ed era luogo d’incontro di imprenditori e mercanti.
In età repubblicana nel foro avvenivano le elezioni ed i cittadini erano chiamati ad approvare o respingere le leggi dello stato. Ciò avveniva, come a Paestum, dividendo l’area in più corsie separate da corregge, che erano fissate ai bordi del foro da paletti infissi sul fondo: ne sono state trovate tracce.
Dobbiamo ritenere che fin dal primo momento sul foro si affacciasse il tempio maggiore di Aquileia, il capitolium. In origine con colonne di legno, fornite di decorazioni in cotto secondo il modello romano e forse anche di statue in terracotta. Molto probabilmente esso fu oggetto di varie ristrutturazioni e rifacimenti. La sua esatta collocazione non è ancora nota e vi sono più ipotesi in merito. Sul foro si affacciavano anche altri edifici pubblici, per lo più gli spazi dedicati alla politica, alla funzioni del senato cittadino (ordo decurionum) e più tardi, certo al culto dell’imperatore.
Nel I secolo a. C. vi erano nel foro, forse allineate come vediamo ancora a Pompei, più basi di statue, per lo più  equestri, di cittadini e/o magistrati benemeriti verso la cittadinanza. In età tardo antica molte o tutte queste basi – ovviamente con le relative statue – furono eliminate e riutilizzate nella costruzione delle mura che passavano sopra la banchina del porto. Alcune di queste furono recuperate in scavi settecenteschi e i testi furono trascritti, ma da allora se ne è persa ogni traccia.
Una vasta ristrutturazione dell’area si ebbe molto probabilmente in età augustea, quando il modello delle città, in genere, si modificò. Allora venne costruita la basilica, sul lato breve meridionale del foro stesso. Molto probabilmente la costruzione fu opera di un Aratrius, di cui ci resta un’iscrizione. Una sua parente (figlia?) nota col nome di Aratria Galla lastricò a sue spese il primo decumano meridionale che passava immediatamente a sud della basilica. Come dice il testo il lastricato partiva dal muro (s’intede il muro repubblicano del lato occidentale). S’intende che la novità delle strade lastricate dai bei basoli non usciva dalle mura cittadine.  Il lastricato che vediamo oggi, verso occidente (ricostruito nel 1970 dopo che sotto fu fatto passare un tratto della fognatura moderna di Aquileia) è in realtà il rifacimento tardoantico – forse del IV secolo – del medesimo decumano: infatti è posto a un livello più alto.
Un nuova sistemazione del foro si ebbe probabilmente alla fine del II secolo d. C. quando venne ripresa la decorazione del porticato: alcuni dei grandi plutei con testa di Medusa e di Giove Ammone risalgono a quell’epoca, ma il motivo è certo più antico. Vi furono allora anche altri abbellimenti: immaginiamo che verso ovest, in coincidenza con il decumano, esistesse una grande porta che sia priva idealmente verso il corso del canale Anfora. Le fondazioni e soprattutto la grande iscrizione che si trovava sul timpano si rinvennero durante gli scavi effettuati dalla sorella di Napoleone Bonaparte (Elisa Baciocchi) intorno al 1820: l’iscrizione, negletta, si trova oggi in un campo a Villa Vicentina ed è lunga ben cinque metri. Da essa apprendiamo che questa porta fu opera di un Antistio, probabilmente parente di quello che fu  sepolto lungo la strada che correva qualche centinaio di metri a ovest e che aveva presso la sua tomba la meridiana orizzontate in pietra che oggi è esposta nel museo archeologico.
Nuovi lavori e abbellimenti nel foro si ebbero nei decenni centrali del IV secolo d. C. in particolare dopo la grande battaglia tra i figli di Costantino, avvenuta presso il Ponte Orlando. Intorno al 360 furono poste (o ricollocate) nel foro anche statue di divinità pagane: allora il cristianesimo era tollerato ma non era ancora l’unica religione dello stato. Risalgono certo al IV secolo alcuni rifacimenti del lastricato, che in parte utilizzarono anche materiale tratto da templi pagani (ciò poté avvenire probabilmente dopo il 380). Nel IV secolo  furono incisi – meglio sarebbe dire reincisi – sul parapetto del colonnato superiore i nomi di alcuni benefattori della città. Tra questi doveva essere almeno uno dei triumviri che la fondarono nel 181: il nome di L. Manlio Acidino, oltre che da Tito Livio, è infatti tramandato dalla base della sua statua che certo doveva trovarsi o nel foro o in qualche edificio pubblico adiacente al foro stesso. Dei nomi dei benefattori della città ci rimane talora solo qualche lettera: è stato supposto, in maniera molto suggestiva, che si trattasse di una specie di didascalie poste sotto le loro statue o i loro busti che si sarebbero potuti affacciare dal parapetto verso la piazza. Come il foro di Augusto a Roma (2 a. C.) conservava le memorie mitiche, letterarie e storiche della città, così anche Aquileia – e chissà quante altre città – aveva nel foro il luogo della memoria.
Immaginiamo anche che nel foro, forse sotto il porticato, vi fosse qualche maestro di scuola che svolgeva la sua funzione. Una base iscritta, riutilizzata nel IV secolo, porta l’indicazione pater Vergilii. Ora la gens dei Vergilii è ben nota in Aquileia, ma la scopritrice ha voluto credere – troppo entusiasticamente! – che nel foro gli Aquileiesi abbiano voluto onorare il padre del grande poeta. Certo si trattava di un personaggio noto e benemerito, ma di più non possiamo dire.
Dall’età di Augusto, o al più tardi da quella di Tiberio, il foro fu attraversato dal grande acquedotto che veniva da Villa Vicentina e riforniva d’acqua la città Successivamente nel foro vennero scavati due pozzi, in posizione simmetrica, che successivamente si riempirono di materiali  di scarto, tra i quali anche parti in bronzo, come la testa di una delle statue che certo erano poste nel foro stesso.
Sotto il portico trovavano collocazione le botteghe (tabernae). Alcune di queste rimasero in funzione almeno fino all’inizio del VI secolo. La costruzione delle mura a zigzag e l’antemurale costruito sopra il muro meridionale della basilica forense esclusero tutta l’area del foro dal nuovo centro cittadino, murato. Perciò già allora dovettero essere abbattute le colonne e tutte le costruzioni che sorgevano in precedenza, per non offrire riparo ad eventuali assalitori e per lasciare il campo libero alle artiglierie montate sulle nuove difese.
Nel periodo altomedievale l’area del foro, più bassa, andò progressivamente impaludandosi, a causa anche dell’intasamento e del malfunzionamento delle fognature cittadine che non scaricavano più sul canale Anfora. Per questo a ridosso del foro vennero costruite, sull’antemurale bizantino, le mura rettilinee del tempo di Popone e la nuova porta, posta a un livello più alto: guardando con attenzione si vede ancora oggi che la strada forma una specie di dosso in corrispondenza della medievale “Porta di Udine”.
A sud, si affacciava sul foro la basilica civile (m. 76,80 x 29,40) – sede del tribunale, luogo di riunione degli organi di governo e punto d’incontro dei più importanti uomini d’affari.
La basilica – a pianta rettangolare – aveva due absidi sui lati brevi, ed il suo interno era diviso in tre navate da colonne che correvano anche sui lati corti: la pavimentazione della parte centrale era in marmo, quella del deambulatorio in pietra d’Istria.
Gli scavi del foro, iniziati da G. Brusin nel 1934, ripresi nel 1979 e tuttora in corso, hanno fino ad oggi portato alla luce parte del porticato di levante (m 75), metà di quello meridionale, una parte del lastricato della piazza, e parte della basilica civile. La pavimentazione ebbe dei rifacimenti anche in età tardo antica.

Autore: Maurizio Buora

Vedi anche il video realizzato dalla Società Friulana di Archeologia su Aquileia in occasione dei 2200 anni dalla fondazione, vai a >>>>>>>

Vedi anche: Le gemme recuperate nei fognoli del I cardine a occidente del Foro di Gemma Sena Chiesa, Elisabetta Gagetti, Le gemme recuperate nei fognoli del I cardine a occidente del Foro di Aquileia (scavi per le moderne fognature, 1968-1972), in I sistemi di smaltimento delle acque di Aquileia nel mondo antico, in Antichità AltoAdriatiche – Vol. LXXXVII e Società Friulana di Archeologia, a cura di Maurizio Buora e Stefano Magnani, Editreg 2018

Vedi anche: Aquileia: la vita pubblica, a cura Istituto Comprensivo di Palmanova, Scuola Secondaria di I° grado “P. Zorutti”.

Periodo Storico: Età Romana
Localizzazione Geografica
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