Il museo, istituito nel 1882, ha sede nella Villa Cassis Faraone, costruita tra il 1812 e il 1825; esso accoglie le collezioni storiche, ricevute in dono o acquistate dalle più illustri famiglie aquileiesi, integrate dai risultati delle ricerche condotte fra ‘800 e ‘900 soprattutto ad opera dei suoi direttori.
L’ordinamento dell’esposizione, articolata fin dall’origine secondo temi, risale nella sua attuale disposizione agli anni ’50 del secolo scorso: i materiali sono scanditi per classi, a partire dalla statuaria (ritratti, funeraria, sacra), per passare alla ceramica, ai metalli, ai vetri, alle gemme, agli oggetti di ornamento (in particolare ambre), che rispecchiano le attività economiche e la vita quotidiana della città. Le gallerie lapidarie, avviate negli anni ’30 e ampliate negli anni ’50 del ‘900, ospitano iscrizioni e monumenti pubblici e funerari e preziosi mosaici. Nuovi spazi espositivi sono stati ricavati nei magazzini, con le sale dedicate alla via Annia, mentre una sezione ospita l’imbarcazione rinvenuta a Monfalcone nell’area del Lacus Timavi.
Su tre piani, per un totale di dodici stanze, sono esposte le collezioni, le quali spaziano dalla statuaria a categorie di oggetti legati alla vita quotidiana e all’ornamento personale. Spicca la raccolta delle gemme e delle ambre, di cui Aquileia era il punto centrale di lavorazione e di smistamento commerciale.
Piano terra: Il pianoterra del Museo è articolato in una successione “a fuga” di quattro stanze: in esse viene sviluppato in maniera organica il tema della scultura, secondo le molteplici espressioni del mondo antico.
SALA I – Ritrattistica – SALA II – Statuaria – SALA III – Rilievi funerari – SALA IV – Sculture di carattere sacro.
Primo piano: Nel primo piano sono raccolte le testimonianze di quelle che negli studi sono state definite “arti minori”, per le quali si preferisce attualmente l’espressione, non riduttiva, di “artigianato artistico”, e i prodotti di attività manifatturiere. Nelle sale, infatti, sono disposte le categorie maggiormente rappresentative del ruolo rivestito da Aquileia nel quadro dei commerci – la glittica e le ambre- e le manifestazioni della piccola bronzistica, dell’industria ceramica e vetraria.Una sola eccezione a quanto detto è data dalla sala dei culti di età tardo- imperiale, dove ad una esposizione meramente tipologica sono stati privilegiati criteri espositivi che indicano i reperti quali tramiti per esprimere credenze religiose e gestualità cultuali.
SALA V – Glittica – SALA VI – Culti tardo-imperiali – SALA VII – Ceramica e terracotta – SALA VIII – Bronzi – SALA IX – Vetri.
Secondo piano: Nel secondo piano del Museo si aprono le ultime tre sale che conservano alcuni tra i materiali più preziosi esposti al pubblico:
SALA X – Armamento – SALA XI – Ornamentazione – SALA XII – Numismatica.
Gallerie lapidarie: La loro costruzione venne decisa nel 1898, al fine di ricoverare i monumenti lapidei, fino a quel momento in parte sistemati in Museo, in parte sparsi nel giardino. Nel Lapidario trovano coerente sistemazione ingenti materiali, divisi per tipologia e ordinati in ordine cronologico nei singoli bracci: le classi più significative sono certamente date dai monumenti funerari e dai mosaici. Le attestazioni funerarie sono state disciplinate in modo da offrire una visione organica dei diversi modelli presenti ad Aquileia, ciascuno dei quali fornisce informazioni su consuetudini sociali e famigliari e su credenze religiose e spirituali. Assai suggestivo è il braccio in cui sono raccolte le are. Tale tipo di monumento, a forma di parallelepipedo, si articola come una struttura architettonica su zoccolo a gradini e con alto coronamento a cupide: preferito da liberti e soldati, va collocato nel I sec.d.C.
Altrettanto interessante è la visione dei bracci con le stele: un loro esame permette di cogliere l’esistenza di numerose particolarità nella struttura e nella decorazione. Va notato il gruppo unitario relativo a fanti e cavalieri delle legioni XI Claudia e I Italica, stanziati in città per la difesa dei confini orientali, databili tra la fine del III e la prima metà del IV sec.d.C. Esse restituiscono l’onomastica dei soldati, dei quali si nota l’origine barbara, l’abbigliamento e i tipi di armi a ricomporre un quadro unitario. Non vi sono cenni, nelle più tarde, che alludano a credenze cristiane, a confronto di altri monumenti coevi di militi nel Museo Paleocristiano.
Si segnalano ancora due singolari monumenti: la stele del medico Hagius Aius e quella della mima Bassilla. La prima, databile alla fine del I sec.a.C., mostra rappresentata una porta a due battenti, che simboleggia l’ingresso all’Ade; si tratta di un tipo piuttosto raro trasmesso dalla Dalmazia, ritenuta sede di numerosi passaggi naturali al regno dei morti. La seconda mostra in una nicchia il ritratto della donna, pettinata secondo la moda del III secolo, cui segue la lunga iscrizione.
Nel giardino, infine, è stato ricostruito il monumento funerario dei Curii, databile entro la prima metà del I sec.d.C. Consta di un basamento sul quale si imposta un’edicola con copertura piramidale: all’interno è stata collocata una statua non pertinente, al fine di restituire l’aspetto originario, che è quello in cui potrebbe essere ambientato il Navarca. E’ stata ricomposta la fronte del recinto, con cippi angolari: la lunga iscrizione ricorda quattro generazioni della famiglia, di origine libertina. Il monumento è stato recentemente restaurato.
Passando ai mosaici, va citato il gruppo formato da due pavimenti (ratto d’Europa, asaraton) appartenenti ad un’unica casa, posta nella zona a nord di Piazza Capitolo, fra le più antiche della città. Si tratta di mosaici di tradizione ellenistica, raffinati nello schema e nell’esecuzione. Il mosaico con il ratto di Europa apparteneva forse ad una camera da letto, quello con l’asaroton (pavimento non spazzato) ad una sala da pranzo. L’asaroton è un soggetto originale e raro (in tutto il mondo antico ne sono stati recuperati cinque), che mostra con freschezza e vivacità i resti del pasto lasciati cadere a terra dai convitati, com’era consuetudine. Dalla stessa area proviene anche il mosaico che mostra l’intreccio fra un ramo di vite ed uno di “vite bianca” (rampicante selvatico), tenuti insieme da un nastro annodato a ficco, di fattura accuratissima.
Nello stesso braccio del Lapidario sono esposti anche i mosaici provenienti dal vasto complesso delle Grandi terme, posto nella parte occidentale della città, fra Circo e Anfiteatro. Le indagini si sono concentrate su di un grande salone, il cui pavimento ha mostrato una partitura ricca ed articolata, basata su un quadrato centrale con il trionfo di Nettuno. Attorno erano disposti sedici pannelli, variamente campiti. Sui lati nord e sud il salone presentava ancora due pannelli rettangolari con busti di atleti entro ottagoni e quadrati. La grande sala faceva parte, quale ambiente di disimpegno, del frigidarium, ossia del settore dove si prendevano i bagni in acqua fredda: il complesso va datato nella seconda metà del IV sec.d.C.
I Magazzini e la via Annia: una sezione laterale alle Gallerie lapidarie è dedicata ai magazzini ed alla via Annia (attualmente chiusa).
Imbarcazione romana: Nel Lapidario, in un ambiente appositamente allestito, trova sistemazione la sezione navale, nella quale è esposta la nave recuperata nella zona delle risorgive del Timavo. In antico, l’ambiente qui si mostrava assai diverso dall’attuale: come ricorda Plinio il Vecchio, vi era una piccola isola ricca di acque termali. Nell’area è stata accertata la presenza di una villa e della barca, utilizzata per passare lo specchio fra isola e terraferma. Lunga quasi m 11 e larga m 4, è stata recuperata con tecniche complesse; si è conservata la chiglia (in rovere), l’ossatura (in noce) ed il fasciame (in abete). La datazione va posta nel II sec.d.C. La nave è presente nella banca dati del progetto “Navis I”, sostenuto dall’European Commission Directorate General X e coordinato, per il settore italiano dalla Soprintendenza Archeologica di Ostia. E’ qui collocato anche un pannello musivo che rievoca un fondale marino, databile alla fine del I sec.d.C.: al centro campeggia il gruppo formato da polipo, murena ed aragosta, tipico nel genere per la naturale rivalità degli animali. La sezione ora è chiusa per lavori di restauro.
Vedi anche sulla storia del ritrovamento: https://www.lacustimavi.it/portfolio-item/barca-romana-di-monfalcone/
Info:
Museo Archeologico Nazionale di Aquileia, Via Roma, 1 – 33051, Aquileia (UD)
tel:0431-91016 – email: museoarcheoaquileia@beniculturali.it
Orari ingresso, fino al 30 giugno 2019: dal martedì alla domenica con orario continuato dalle 10,00 alle 19.00 (chiusura biglietteria e bookshop ore 18.00); giorno di chiusura: lunedì.
Biglietto Unico per Aquileia: si ricorda che è entrato in funzione il Biglietto Unico per Aquileia che consente l’accesso al Museo Archeologico Nazionale, alle Cripte della Basilica, al Campanile, al Battistero e all’annessa Südhalle e avrà una validità di 15 giorni, permettendo al visitatore l’accesso per una sola volta ad ogni sito nell’arco del periodo.
Fonte: http://www.museoarcheologicoaquileia.beniculturali.it/
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Vedi anche: Il patrimonio archeologico di Aquileia prima del 1882. Le raccolte private e il Museo Patrio della Citta’, di Annalisa Giovannini.
Vedi anche: Divinita femminili ad Aquileia, di Annalisa Giovannini.
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Vedi anche il video realizzato dalla Società Friulana di Archeologia su Aquileia in occasione dei 2200 anni dalla fondazione, vai a >>>>>>>
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Vedi anche: Pezzi_difficili_Due_sculture_aquileiesi, di Ludovico Rebaudo, Katharina Zanier.
Vedi anche: Aquileia: la vita pubblica, a cura Istituto Comprensivo di Palmanova, Scuola Secondaria di I° grado “P. Zorutti”.
Vedi anche: Aquileia: la vita privata, a cura Istituto Comprensivo di Palmanova, Scuola Secondaria di I° grado “P. Zorutti”.
Vedi anche: Sculture medievali dai depositi del Museo Archeologico Nazionale di Aquileia , a cura di Zuleika Murat, Paolo Vedovetto, in Quaderni Friulani di Archeologia, n. XXXXI 2021.
Vedi anche: L. Mandruzzato, A. Marcante, Vetri antichi del Museo Archeologico Nazional di Aquileia. Il vasellame da mensa. Corpus delle collezioni del vetro nel Friuli Venezia Giulia, II, Elisabetta Roffia, in Quaderni friulani di archeologia, XVI / 2006