
L’abbazia di Rosazzo si erge sui colli orientali del Friuli, a nord-est di Manzano, a cavallo di strade che un tempo godevano di una notevole importanza strategica. Dominava, infatti, nel Duecento, la strada che da una parte collega Cividale del Friuli a Gorizia, attraverso il torrente Judrio, Brazzano e Cormons e dalla parte opposta conduce nella pianura friulana, fino ad Aquileia, tra i fiumi Natisone e Torre da un lato e Isonzo dall’altro.
La vista che si gode dalla badia è incomparabile. Dal belvedere si ammira tutto il paesaggio circostante, che spazia dalla Slovenia (a est) con i monti che furono protagonisti della prima guerra mondiale fino al golfo di Trieste e a sud-est dal campanile di Aquileia fino al mare Adriatico nelle giornate terse, (a sud) su Manzano e i vari paesi che costellano la bassa pianura friulana.
Le origini dell’abbazia sono piuttosto controverse e non sempre convalidate da prove, ma la tradizione vuole che nell’anno 800 l’eremita Alemanno si insediasse in questi luoghi solitari per trovare la pace dell’anima e vi costruisse un modesto oratorio ed una cella.
Furono poi chiamati i canonici regolari di Sant’Agostino. Gli Agostiniani insegnarono agli autoctoni a coltivare la terra. Una chiesa dedicata a San Pietro fu edificata presumibilmente tra il 1068 e il 1070. Non molto tempo dopo, verso il 1100, il monastero fu elevato al rango di abbazia grazie al patriarca Ulrico (o Vodolrico) di Eppenstein.
Probabilmente furono gli Eppenstein, signori di Carinzia e alleati dell’imperatore, e i loro successori, gli Spanheim, ad avere avuto un ruolo fondamentale nella creazione e nel consolidamento della badia, dandole un vigoroso incremento sia in termini fondiari che di notorietà.
I monaci benedettini furono introdotti a Rosazzo dagli Eppenstein nel 1091 e vi risiedettero per più di tre secoli.
Durante il XIII secolo l’abbazia raggiunse il suo massimo splendore e fu dichiarata indipendente e posta sotto la diretta protezione della Santa Sede con diploma di papa Innocenzo IV, concesso l’11 agosto 1245.
L’abbazia aveva una importanza davvero ragguardevole: aveva giurisdizione spirituale e amministrativa, era economicamente molto potente, vantava un enorme prestigio in campo culturale ed era influente nella vita del principato patriarcale. Tutto ciò è testimoniato dal fatto che, nel parlamento della Patria del Friuli, l’abate occupava, in ordine di voto e dignità, il terzo posto, subito dopo il vescovo di Concordia e il capitolo di Aquileia.
Nel 1323 tutta la struttura abbaziale subì un gravissimo incendio nel quale andarono distrutti tutti i documenti che testimoniavano i possessi fondiari ed i privilegi acquisiti, le giurisdizioni temporali e quelle spirituali. Grazie alla cospicua quantità di beni posseduti fu possibile riedificare subito il monastero rosacense.
Nel 1344 ci fu un altro incendio che coinvolse, oltre all’abbazia, anche la chiesa di Sant’Egidio, oggi appartenente alla famiglia Michelloni e poco distante dalle odierne mura abbaziali.
Quello che segue è un periodo di profondi mutamenti: le funzioni appartenenti alla sfera spirituale vengono sempre meno per lasciare spazio a quelle terrene. Il monastero, una volta elevato ad abbazia, acquisisce rilevanza strategica e, come altre strutture simili del tempo, assume ora l’aspetto di una vera e propria fortezza, dotata di mura e torrette come strumenti difensivi. Nel 1348 fu costruito un fossato attorno all’abbazia.
Nel 1389 un nuovo grave incendio e nel 1391 papa Bonifacio IX dà in commenda l’abbazia al cardinale Pileo di Prata, arcivescovo di Ravenna.
Dopo uno scontro armato con il patriarca Ludovico di Teck nel 1422, la Repubblica veneta ebbe la meglio e ottenne la custodia dell’abbazia. Nel 1423 divenne ufficiale il passaggio in commenda dell’abbazia. Questo cambiamento portò ad un decadimento spirituale del monastero e il suo abbandono da parte dei monaci benedettini.
Del periodo più antico, segnaliamo le bifore portate allo scoperto con i lavori di restauro dopo il terremoto del 1976. Sono visibili dal chiostro ed una contiene gli affreschi raffiguranti le sante Scolastica e Caterina d’Alessandria, chiaro riferimento al mondo benedettino: l’origine potrebbe quindi risalire ai secoli XII-XIII.
La chiesa abbaziale è in stile romanico, la pianta è rettangolare, a tre navate. In essa si notano i segni delle modifiche avvenute nel tempo e si possono trovare elementi architettonici risalenti a epoche diverse (di tipo alto medievale, cinquecenteschi e ottocenteschi).
L’impianto romanico si può ancora notare nella presenza di finestre cieche sulle pareti laterali e sulle due absidi.
Il soffitto della navata principale ha travi a vista e ai lati del presbiterio ci sono due cappelle. Le finestre che si trovano lungo le navate laterali sono ad arco acuto e appartengono alla chiesa originaria.
Sul pavimento, in prossimità del presbiterio, c’è una lastra marmorea la cui cornice ampia e il decoro a intreccio la farebbe risalire ai secoli VIII-IX. Mostra notevoli affinità con il frammento litico nella parte inferiore del plinto del Battistero di Callisto a Cividale del Friuli (secolo VII-VIII) e del materiale più recente rinvenuto nella chiesa di Millstatt in Carinzia (secolo XI).
Per una presentazione più completa, vedi: https://guidartefvg.it/elenco/labbazia-di-rosazzo/
Info:
Piazza Abbazia, 5, 33044 Rosazzo, Manzano UD
Telefono: 0432 759091