
Alla fine del dorso arenaceo che dal ciglione carsico presso San Servolo scende gradatamente verso il mare, passando accanto a Prebenico e Caresana, si trova sulla costa un’importante località archeologica, nota nella letteratura con il nome di Stramare…
Leggi tutto nell’allegato: Stramare in Stanko Flego, Lidia Rupel. I castellieri della provincia di Trieste, Trieste 1993.
…I castellieri del Carso triestino sono distribuiti soprattutto sulle alture della catena costiera affacciata sul golfo di Trieste e di quella più orientale. Pochi insediamenti sono situati nell’area sub-pianeggiante compresa tra le due fasce parallele di rilievi. A causa della scarsezza o totale mancanza di dati di scavo, allo stato attuale non è possibile proporre un modello attendibile di sviluppo insediamentale dei castellieri nel corso della loro lunga esistenza, sebbene siano state avanzate alcune ipotesi in merito…
Vedi: I castellieri di Trieste tra Carso e mare, Betic_A_Bernardini_F_Montagnari_Kokelj_M
Il sito è conosciuto a partire dalle testimonianze di M. Peracca, che nel 1939, nei terreni della villa Demarchi, portò alla luce una canaletta in cotto, varie strutture murarie e materiali archeologici (tessere musive, marmi, intonaci policromi, ceramica comune, ceramica grigia, ceramica apula, anfore, sigillata aretina, monete da Augusto a Valentiniano).
Successivamente, con gli scavi della Soprintendenza diretti da D. Cannarella negli anni ’60, si rinvenne un vano (15,80 x 11,80 m) scavato per oltre 1 m nel flysch con pareti a facciavista interna in blocchetti regolari di arenaria, colmato da pietrame, calcinacci, tessere e ceramica di età romana. Nell’angolo N-E si notava “un piccolo vano (0.40 x 0.50 m) coperto da grandi tavelle di cotto”, che interessava il solo spessore della muratura (una sorta di nicchia); nel lato opposto “due tegole semicircolari combacianti (sic)… quasi al livello di una sorta di pavimento formata da alcune piastre che poggiano direttamente sul crostello”. La presenza di “olle e vinari”, nonché di un centinaio di anelloni fittili (supporti per grandi vasi?) venne pure attestata nella zona. Nei terreni di riporto – frutto di operazioni belliche – tornarono in luce numerosi frammenti pertinenti a vasi in terra sigillata italica e norditalica (liscia e decorata), con un ampio repertorio di forme e bolli (pubblicati in parte da Maselli Scotti 1977, successivamente nel catalogo del Museo Archeologico di Muggia del 1997 e nuovamente revisionati nel corso del Progetto Interreg). Particolarmente significativi sono gli esemplari di Sariusschalen e di Acobecher, gli esemplari di sigillata italica liscia con bolli di C. Annius, Auctius, Avillius, C.Sertorius Ocella, Galata Luci Umbrici, C. Philologus Umbricius, e gli esemplari di sigillata norditalica liscia con bolli di Agatho, Artorius, Publius Attius, Chili(us?), Severius Serus, quasi tutti attestati anche ad Aquileia.
Sempre negli interventi della Soprintendenza del 1964 venne effettuato un sondaggio, che permise di attestare sulla spiaggia antistante (fino a due metri di profondità dal piano di campagna) un deposito con grande concentrazione di frammenti fittili, databili tra età repubblicana e tarda antichità. Furono scoperti il muro di sostegno del primo terrazzo e una seconda struttura muraria larga 4 m realizzata con filari di conci squadrati che “sembrano formare due gradini di discesa verso il mare con un rompitratta segnato da tavelle in cotto”. Sulla riva ancora sono visibili resti murari (descritti dalla Piani) in asse con la linea di costa, cui si addossano i riporti marnosi ricchi di materiale fittile romano (ceramica grigia di ascendenza venetica – la coppa con graffito venetico TULVIS del I sec. a.C. -; particolarmente documentata è la coppia mortaio – tipo IV, in regione scarsamente diffusa: ceramica a vernice nera; lucerne; sigillata aretina; norditalica; africana; monete di Aureliano; pesi da rete; vasellame metallico e vitreo; anfore italiche, africane, orientali; laterizi; frammenti di lastre marmoree; ceramica comune; embrici, tegole, tavelle).
Si tratta di due strutture perpendicolari a 3 m dal mare (la Piani documentava una distanza di 8 m ca); le più recenti ricognizioni hanno verificato che la struttura E-O si conserva solo per un breve tratto, mentre quella N-S sembra continuare verso N almeno con il primo corso sopra la risega (aggettante di ca. 0.15 m).
L’approfondimento, giunto fino alla quota di risega, non ha messo in evidenza alcun piano pavimentale, sebbene fino agli anni ’70 si vedesse un pavimento in cubetti di cotto in relazione alle strutture. Tra i materiali sono documentati frammenti di laterizi (tegole e coppi), di anfore (l’orlo di un’anfora Tripolitana della prima età imperiale, una spalla di anfora italica, frammenti di anfore africane tardoantiche), ceramica fine da mensa, un frammento di lastra marmorea, probabilmente nella stessa area in cui si collocano i rinvenimenti di Stener negli anni ’70. Inoltre, altre evidenze si trovano sotto il livello del mare.
I resti indagati risultano in parte visibili sulla spiaggia ed in parte sommersi. La conservazione di tali resti è stata compromessa dalle attività antropiche sul pianoro, spianato e terrazzato per ampliare la raffineria Aquila. Inoltre, lo scoppio di bombe nell’area ha danneggiato quello che fu identificato come l’allineamento del molo a forma di T.
Fonte: www.ipac.regione.fvg.it