Ai piedi del colle di San Floriano (156 m. slm), nei pressi di San Giovanni di Polcenigo, non lontano dalle sorgenti del fiume Livenza, è stato messo in luce tra la fine degli anni Sessanta e gli anni Settanta del Novecento e parzialmente scavato da studiosi locali un contesto funerario di grande complessità, databile dagli inizi dell’età del ferro all’età tardoromana. Reperti della seconda età del ferro e romani erano già confluiti da questa località sia nel Museo Civico del Castello di udine (1877) sia nella raccolta del conte di Ragogna a Torre di Pordenone.
Solo tra il 2002 e il 2008, per iniziativa del Gruppo Archeologico di Polcenigo, è stato avviato uno scavo sistematico che ha interessato alcuni settori ancora conservati del sepolcreto. Alla luce di queste indagini e di più recenti interventi, il contesto funerario appare oggi inserito in un ampio complesso insediativo distribuito sull’intera altura, a tutt’oggi solo in parte indagato, databile tra la tarda età del bronzo e l’età romana.
La necropoli della tarda età del ferro è risultata impostata su livelli abitativi e, probabilmente, funerari della prima età del ferro. Tracce di attività sepolcrale, che doveva prevedere la cremazione sul posto, sono inquadrabili tra il V e il IV sec. a.C.; a questo livello si sovrapponeva un deposito con abbondanti resti riferibili a cremazioni avvenute tra il II sec. a.C. e gli inizi del I sec. d.C., quasi completamente rimaneggiato. Alcune evidenze in posto fanno suporre che le tombe, contenenti una e più olle in ceramica grezza e oggetti di ornamento in bronzo, argento e ferro per lo più spezzati ritualmente, fossero state deposte entro accumuli di terra al di sopra del piano di campagna circostante. Il sepolcreto tardo protostorico fu probabilmente violato e distrutto in epoca tardoantica quando tra il IV e il V sec. d.C., vi vennero sovrapposte delle sepolture ad inumazione.
Sulla base degli oggetti recuperati, alcune tombe si datano già al IV sec. a.C.; la massima frequentazione si ebbe però nel corso del tardo II-I sec. a.C., epoca alla quale appartiene anche l’unico complesso ricostruibile parzialmente (tomba 24). A questa fase sono attribuibili le numerose fibule d’argento e bronzo, affini a tipi medio e tardo La Tène, e i torques bronzei intrecciati a nodi, analoghi agli esemplari della Slovenia occidentale (in particolare quelli di San Canziano del Carso) e del Veneto orientale (Montebelluna). Alcune fibule hanno una decorazione plastica definibile pseudo “plastic style”, che sembra derivare dal celtico stile plastico a motivi vegetali. Le olle fittili, di forma ripetitiva e di impasto grezzo, in qualche caso anche con lettere venetiche incise, rientrano in una classe attestata e brobabilmente prodotta in centri situati tra il Veneto orientale e l’alta valle dell’Isonzo.
La necropoli va quindi attribuita ad una comunità indigena di ambito veneto orientale fortemente celtizzata e piuttosto impermeabile alla acculturazione romana ancora in età tardo repubblicana-augustea. E’ significativa da un lato la presenza di oggetti di gusto celtico di ampia circolazione in area altoadriatica, dall’altro l’assenza delle armi, tipiche invece delle sepolture ascrivibili a Celti.

Fonte e Bibliografia: Flaviana Oriolo, Giuliano Righi, Angela Ruta Serafini, Serena Vitri. Celti sui monti di smeraldo, Luglio Editore, San Dorligo della Valle TS, sett. 2015.

Periodo Storico: Età Romana
Localizzazione Geografica
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