La frazione di Sostasio si trova sulla sponda sinistra del torrente Pesarina, ai piedi della montagna. La strada che conduceva attraverso la valle al Comelico esisteva probabilmente già in epoca romana ed a Sostasio si trovava una stazione di posta. Attualmente la strada comunale corre più a valle rispetto all’antico centro abitato al quale si sale fino a raggiungere la Chiesa intitolata a San Gottardo, leggermente isolata dal resto dell’abitato.
Le prime notizie di una chiesa a Sostasio risalgono al 24 aprile 1430, data nella quale gli abitanti di Sostasio, ottennero dall’abate di Moggio Tomaso de’ Cavalcanti il permesso di potersi costruire una chiesa o cappella in onore di S. Gottardo nella località detta in Quel.
Questa prima chiesa, distrutta nel 1611 da una frana, venne prontamente ricostruita con lo stesso stile e dimensioni della precedente. Nel XVIII secolo l’edificio venne risistemato in alcune parti e forse alzato, mentre nel 1980-1982 venne integralmente restaurato dopo i danni arrecati dal terremoto del 1976.
La chiesa presenta in facciata un prospetto a capanna che termina nella parte sommitale con la cella campanaria. Il semplice portale in pietra modanata, affiancato da alto basamento intonacato, è l’unica apertura sulla facciata. Sul lato sinistro è addossata la sacrestia affiancata dall’ingresso secondario con portale riquadrato e sormontato da timpano spezzato.
Sulla stessa parete nell’aula si aprono due finestre rettangolari mentre due finestre gotiche si aprono nel presbiterio. La muratura in sassi è intonacata e la copertura è in embrici alla carnica. L’interno è ad aula unica. Al presbiterio, a tre lati e meno ampio dell’aula, si accede tramite un gradino e un arco santo a sesto acuto. Sia l’aula che il presbiterio hanno soffitto centinato con piccole vele.
L’interno custodisce diverse opere preziose.
Subito a sinistra della porta principale si trova un piccolo altare ligneo che contiene una statua recente di S. Luigi che ha sostituito un’antica statua di S. Gottardo, ora perduta. La struttura molto semplice dell’altare è formata da una nicchia affiancata da due sottili colonne, ornate da un ramo fogliato attorcigliato, che sostengono un architrave dentellata e un timpano spezzato. L’altarolo venne realizzato nel XVII secolo da un intagliatore friulano.
Sempre addossato alla parete sinistra è collocato l’altare dedicato al santo titolare della chiesa e attribuito a Sebastiano Martini, nipote e seguace del più famoso Giovanni Martini. Lo scultore, attivo fra il 1547 ed il 1573, nel 1547 realizzò questa ancona, una delle poche testimonianze rimaste di questo artista appartenente alla più famosa famiglia di intagliatori del Cinquecento. Da documenti si sa che l’ancona venne stimata da Giovanni da Udine e da Donato da Venezia nel 1547.
Più tardi, secondo un uso già in auge dalla fine del Cinquecento, l’ancona venne inserita in una fastosa cornice barocca, datata 1736 e attribuita ad Eugenio Manzani, scultore di cui si hanno notizie in Carnia dal 1721 al 1756.
Dell’altare originale è rimasta l’alzata, un tempo poggiante sulla mensa e ora sospesa alla parete. La struttura architettonica presenta il registro inferiore tripartito da colonnine decorate con viticci che si avvitano realizzati in bassorilievo. Nelle nicchie sono inserite le statue dei Santi Pietro, Gottardo e Giovanni. Nel livello superiore un’edicola quadrata è raccordata alla parte inferiore da due volute contenenti due tavole dipinte raffiguranti I’Angelo annunciante e la Vergine Annunziata. L’interno dell’edicola oggi è vuoto, ma immagini pubblicate in passato mostrano che vi era contenuta una statuetta della Madonna.
Sulla mensa dell’altare maggiore è appoggiato l’altare ligneo attribuito ad Eugenio Manzani. Il paliotto porta un’effige della Madonna del Rosario realizzata su tavola da un ignoto pittore friulano del XVIII secolo,
L’alzata si presenta compatta, la verticalità è accentuata dalla nicchia centrale coronata dal timpano triangolare che racchiude una statua recente della Vergine. Tutto attorno vi sono 15 tavolette dipinte del Rosario incorniciate lateralmente da due colonne tortili in finto marmo.
Del Manzani, proveniente da Pieve di Cadore, abbiamo pochissime notizie. La sua unica opera documentata è un altare a Sutrio, mentre altri lavori come l’altare-cornice dell’opera di Sebastiano Martini e l’altare maggiore della chiesa di Sostasio gli sono stati attribuiti in base ad affinità stilistiche e si ritiene risalgano allo stesso periodo. L’attribuzione è supportata anche dal fatto che da documenti emerge che il Manzani ha lavorato per la vicina parrocchiale di Prato.
Rispetto ad altri altari dello stesso periodo, normalmente tutti dorati, l’altare maggiore è dipinto in “finto marmo” bianco, secondo il nuovo gusto rococò che si stava diffondendo anche in Friuli.
Un tempo sull’altare maggiore della chiesa era custodita una Madonna col Bambino attribuita a Giovanni Antonio Agostini, pittore e intagliatore di Udine attivo dal 1570 circa e morto a Udine nel 1631. Oggi la statua è dispersa.
Nell’abside, accanto all’altare maggiore, si trova un dipinto raffigurante la Vergine Odighitria (che indica la Via) risalente al XVI-XVII secolo di ignoto pittore. Un crocifisso nel presbiterio ed un secondo appeso alla parete, le due acquasantiere in marmo, una a stelo ed una a parete, e la pala raffigurante l’Adorazione dei pastori risalgono al XVIII secolo. Curiosa è la Via Crucis formata con stampe con la descrizione delle Stazioni in cinque lingue.
Molto particolare è una pala dipinta ad olio conosciuta come il Cristo Nero.
In questa singolare e caratteristica rappresentazione del Crocifisso si notano ai piedi della croce alcune lettere ed una data: I.V.F.F. – 1773. Queste potrebbero indicare il nome del committente e l’anno di realizzazione, anche se nulla di certo si sa sull’autore e sul committente.
Una leggenda racconta che un pittore venne incaricato di realizzare un quadro a soggetto sacro per la chiesa, libero di scegliere il soggetto e le dimensioni purché compatibili. Ma l’ispirazione non veniva e quanto aveva iniziato non lo persuadeva. Passò di lì un uomo che gli propose una gara che il pittore accettò dato che gli aveva concesso di lavorare al quadro già iniziato quindi in posizione di vantaggio. Chi avrebbe finito per primo un quadro ben compiuto avrebbe vinto. Lo straniero pose un’altra condizione e cioè che, se avesse vinto, il pittore gli avrebbe dovuto dare la sua anima. L’artista fissò bene in viso il signore, che mostrava un sorriso indulgente e capì chi aveva davanti.
I due si misero all’opera e lo straniero dipinse rapidamente con mano sicura, finendo il quadro prima dell’altro. L’immagine era quella di una grande croce inserita in una mandorla ovale scintillante di luce al limite di un cielo pieno di cupe nubi. In controluce un corpo martoriato pendeva dalla croce. Il pittore accettò la sconfitta ma suggerì che mancava un dettaglio che potesse ricondurre il soggetto all’ambito sacro, come richiesto dal committente. Lo straniero disse che non poteva aggiungere nulla.
Fu il pittore quindi a prendere i pennelli in mano per aggiungere sulla croce la tavoletta con la scritta I.N.R.I. dando così un nome all’uomo sulla croce, completando in questo modo l’opera. Hai vinto disse lo straniero al pittore ed uscì dalla chiesa. Il pittore lo rincorse ma non vide nessuno sulla strada. Mise da parte il suo quadro e incorniciò degnamente il crocifisso che appese là dove ancor oggi è venerato e considerato un dipinto prodigioso.
Quale che sia la sua origine questo dipinto colpisce chi lo guarda per la sua particolare forza espressiva.
Nel 2006 sono stati finanziati dalla Fondazione Friuli i restauri dell’altare ligneo di San Luigi, della tela del Cristo Nero, dell’Adorazione dei pastori e della Vergine Odighitria.
Fonti:
– Bergamini Giuseppe La scultura lignea nel Rinascimento in Pastres Paolo (a cura di) Arte in Friuli dal Quattrocento al Settecento. Società Filologica Friulana, Udine 2008
– Fantin Enrico. Le opere d’arte nelle chiese in Fantin Enrico, Tirelli Roberto Una vallata da conoscere: la Val Pesarina Edizione La Bassa 2000
– Giusa Antonio e Villotta Michela Prato Carnico Inventario dei Beni Culturali Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia Centro Regionale di Catalogazione e Restauro dei beni culturali 1994
– Marchetti Giuseppe (a cura di Gian Carlo Menis). Le chiesette votive del Friuli. Società Filologica Friulana. Arti Grafiche Friulane, Udine riedizione 1990
– Marchetti Giuseppe Altari lignei friulani del tardo Cinquecento In: Sot la nape, a.13 (1961), n.1
– Marchetti Giuseppe e Nicoletti Guido. La scultura lignea nel Friuli. Silvana Editoriale d’Arte Milano. 1956
– Perusini Giuseppina Eugenio Manzani: un intagliatore cadorino attivo in Friuli nel Settecento in La scultura lignea in Friuli – Atti del Simposio Internazionale di Studi, Udine 1983
– Pugliese Luciana Le chiese della Carnia: da Tolmezzo a Villa Santina, Preone, Lauco, e da Muina a Pesariis Tolmezzo: Andrea Moro, stampa 2007
– Quai F. Leggende carniche: Sutrio: una leggenda per la chiesa di San Nicolò di Bari; Sostasio: la leggenda del Cristo nero. Estr. da: La Vita cattolica, 30 agosto 1970, in: Sot la nape, a.22, n.3 (luglio-settembre 1970)
– Villotta Michela L’altaristica lignea nel canale di San Canciano. Viaggio alla ricerca delle tracce lasciate da intagliatori e indoratori fra ‘500 e ‘700 in Giusa Antonio e Villotta Michela Prato Carnico. Itinerari e ricerche [Villa Manin, Passariano]: Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, c1994
Info:
Frazione Sostasio, 1, 33020 Prato Carnico UD
La chiesa è visitabile in occasione delle celebrazioni.
Data ultima verifica: maggio 2023
Autore: Marina Celegon
Galleria immagini: Marina Celegon.