Sulla spianata, in cima al colle, sorgono i ruderi del Castello; di esso rimangono una torre e resti di terrapieni.
L’area è sistemata a parco pubblico e da un belvedere si gode una splendida vista sulla pianura.
In cima ad una scalinata, a sinistra, c’è la Chiesa di San Daniele Profeta che incorpora parti di varie epoche, con campanile realizzato adattando una delle torri dell’antico castello.
Il portale centrale è barocco, mentre quello nel fianco sinistro, inizialmente realizzato per il Duomo e qui collocato nel 1750, è opera di Carlo Da Carona (1510); suo è anche l’altare laterale in pietra (1511).
All’esterno dell’abside è collocata la copia di un bassorilievo barbarico raffigurante l’Adorazione dei Magi. L’originale è conservato al Museo del territorio ed è databile intorno al XII – XIII secolo.
La scena dell’Epifania appare molto rudimentale. Le figure non si staccano dal piano di fondo; i Re Magi, allineati frontalmente, più che in rilievo sono resi mcon semplici incisioni di linee. La resa del volume appare timidamente realizzata solo nelle teste, specialmente in quella della Madonna col Bambino, che il lapicida ha scontornato, scavando una specie di solco irregolare nella pietra. Le teste delle figure dei Magi, graffite, indicate nella loro essenzialità da solcature, senza neppure il tentativo di presentare un valore volumetrico, trovano riscontro sia nelle due teste incise in una pietra incastonata sulla fronte nord del campanile della chiesa parrocchiale di Basagliapenta sia nelle due teste raffigurate in un’altra grossa pietra incastonata nell’abside della chiesa di Basagliapenta. (da Scultura in Friuli. Il Romanico, Carlo Gaberschek, 1981, p. 48)

Il colle di San Daniele fu frequentato fin da epoca remota, come provano le poche evidenze databili all’età del bronzo finale, tra XI e VIII secolo a.C., relative presumibilmente ad un villaggio protostorico su altura. Nell’area sorgono capanne costruite in materiale deperibile. Le principali attività svolte sono la pastorizia e in misura minore l’allevamento.
Una seconda fase di frequentazione è rappresentata dal rinvenimento di oggetti della seconda età del ferro: due bronzetti raffiguranti un guerriero in assalto inseribili nella produzione paleoveneta di Lagole e di solito legati a luoghi di culto, databili tra il IV e il III secolo a.C., frammenti di fibule databili al V – IV secolo a.C. e frammenti ceramici del IV secolo a.C.

Moneta bronzea romana (denaro di C. Considius Paetus del 49 o 45 a. C.) rinvenuta negli scavi della chiesa di San Daniele in castello (1985)

La fase romana è documentata dai resti di una struttura abitativa con tracce di intonaco e mosaico, databile tra la metà del I secolo a.C. al IV secolo d.C. Sono stati rinvenuti tre muri rettilinei disposti quasi ortogonalmente tra loro e uno spazio interpretabile forse come giardino o un cortile. I materiali recuperati sono: due coppe di terra sigillata di produzione nord – italica, anfore frammentari Dressel 6A e con “collo ad imbuto”, una patera in ceramica africana, un bicchiere di vetro, una fibula e un anello in bronzo, tre monete della metà del I secolo a.C. e di III – fine IV secolo d.C. La struttura sembra abbandonata intorno al V – VI secolo d.C. con progressiva asportazione del materiale da costruzione.
Nel 1790 il Cortenovis ebbe modo di vedere nella villa de Concina una stele funeraria in calcare; la lapide era decorata con una rosa in rilievo tra due acroteri e proveniva da “un campo di Villa Raspa dietro il Monastero di Aquileia”, dove era stata scoperta nel 1740; da lì era stata trasportata a San Daniele dal canonico di Aquileia Giuseppe Fabrizi. La sua presenza si spiega con l’interesse per le antichità ed il fiorire del collezionismo verso la metà del 1700.
L’iscrizione, scomparsa dopo l’invasione del 1917, riporta il cognomen grecanico Cale, “la bella”, che rientra tra i cognomi indicanti qualità fisiche; colpisce la tenera età della bambina, cui va la dedica affettuosa di C. Valerius. Se ne riporta lo schizzo pubblicato dal Brusin.
CALE
ANNIIII
MENSXI
C.VALERIVS
AGATHONCVS (con nesso N+I)
ALVMN KARISS.

Un bel frammento di rilievo lapideo con testa virile venne recuperato, ad una profondità di 2 m, vicino al muro di cinta della villa, sul lato contiguo a piazza Sini.
Il volto raffigura un uomo maturo, con pelle ormai rilassata e fronte corrugata. Particolare attenzione è stata posta nella resa delle rughe naso-labiali, modellate plasticamente. Gli occhi hanno bulbi ingrossati e forma quasi amigdaliode. La bocca è serrata, i capelli corti e ricci. Perduti sono il naso e l’orecchio sinistro. Il rilievo sembra collocabile nell’ambito della ritrattistica caratterizzata da un accentuato realismo, peculiare dell’età tardorepubblicana e della prima età imperiale. Confronti significativi si trovano ad Aquileia, dove questo tipo di ritratto compare tanto nelle sculture a tutto tondo quanto sui rilievi funerari.
Ancora in località “sopracastello”, in un fondo di proprietà Bonaldi, si trovò nel 1680 una moneta in bronzo di Domiziano, poi dispersa. Dalla legenda riportata nelle fonti si presume fosse un sesterzio; se ne propone questa lettura:
D) [IMP CAES] DOMITlAN AVG GERM COS XI Busto laureato a destra con egida.
R) S C nel campo
In base al consolato e al titolo di Germanico la moneta viene datata all’85 d.C.

Risale alla metà degli anni SO la notizia del rinvenimento, nel corso di sterri per l’acquedotto, di frammenti anforacei sul piazzale del castello; nel 1980 è stata consegnata presso il Museo locale un’urna cineraria di forma cilindrica, provvista di coperchio, precedentemente conservata nella sagrestia della Chiesa di San Antonio Abate.

Tracce di una presenza umana vi sono comunque anche per il periodo successivo, fino al VII – VIII secolo d.C., relative ad una fase di frequentazione, tra i ruderi dei precedenti edifici, caratterizzata dalla presenza di un fornetto per la fusione del vetro o dei metalli e da alcune sepolture poste nelle vicinanze.
Momento cruciale per lo sviluppo del sito pare essere stata l’età carolingia, verso la fine dell’VIII – inizi del IX secolo, quando venne costruita la prima chiesa di San Daniele, probabilmente all’interno di un insediamento fortificato, che precedette il castello bassomedievale, e in prossimità del suo muro di cinta.
Era un edificio molto semplice dal punto di vista architettonico, composto da un’aula rettangolare con terminazione orientale rettilinea, senza abside, come nella più antica tradizione di queste zone.

Al suo interno il settore del presbiterio, nella parte est dell’edificio, dove c’era l’altare, era delimitato da transenne in calcare, scolpite con il caratteristico motivo ad intreccio, tipico del periodo, all’interno del quale emerge il singolare profilo di un pesce.
Il ritrovamento di una tomba, in posizione centrale, presso la facciata, testimonia la sepoltura privilegiata di un personaggio di rilievo, visto che si fece seppellire nella chiesa: è anche probabile che avesse avuto un ruolo nella sua fondazione.
L’edificio subì una totale ricostruzione in età romanica con l’aggiunta di tre absidi ad oriente e l’ampliamento dell’aula, verso sud, suddivisa in tre navate.
In questa fase l’ingresso era sul lato meridionale. L’aula e il presbiterio, separati da una balaustra, avevano un pavimento in lastre di pietra mentre nelle absidi era in semplice conglomerato di malta.
Attorno alla chiesa si era andato sviluppando un cimitero, segno che il luogo di culto doveva rivestire una qualche funzione per la cura delle anime, per lo meno in relazione alla sepoltura dei defunti.
Nel XIII secolo, periodo in cui la chiesa di San Daniele compare nella documentazione scritta (1247) tra le pievi dell’arcidiaconato superiore, l’edificio venne ristrutturato con la creazione di un atrio e lo spostamento dell’accesso sul lato ovest, mentre un locale adibito a sacrestia fu posto sul lato settentrionale. Venne anche rinnovata la pavimentazione: in cocciopesto nell’aula mentre nelle absidi e nel presbitero fu creato un lastricato in pietra, riutilizzando sia parte di sarcofagi tardoromani che le sculture carolingie. Un pozzetto individuato nella navata settentrionale, presso cui è venuto alla luce un deposito di olle (pentole) in ceramica, è stato interpretato come sacrarium, utilizzato per lo smaltimento dei liquidi e degli oggetti sacri.
Il ritrovamento di un fornetto per la realizzazione di una piccola campana ha invece suggerito l’esistenza di una cella campanaria, probabilmente nella torre presso l’atrio la quale potrebbe rappresentare una più antica struttura di fortificazione inglobata poi nella chiesa.
L’edificio subì altri interventi di ristrutturazione nel XV secolo, con lo spostamento della sacrestia sul lato sud, ma senza altre trasformazioni della sua forma.
Una radicale modificazione della zona presbiteriale, con l’eliminazione delle tre absidi, sostituite da una terminazione rettilinea, avvenne invece nel XVII secolo, prima della completa ricostruzione della chiesa, effettuato nel XVIII secolo, secondo un nuovo orientamento, in senso nord-sud, come ancor oggi si può vedere.

Bibliografia:
·    Vincentius et Iusta, a cura di Fabio Piuzzi, 1993
·    Edilizia storica ed evoluzione insediativa di San Daniele del Friuli alla luce della documentazione materiale, Fabio Piuzzi
·    San Martino a Rive d’Arcano. Archeologia e storia di una pieve friulana, a cura di Silvia Lusuardi Siena.

Info:
aperto dalle 9 al tramonto l’accesso al colle, la chiesetta è quasi sempre chiusa.

Epigrafe funeraria reimpiegata nella Chiesa del Castello.
Luogo di rinvenimento: San Daniele del Friuli, reimpiegata nella chiesa del Castello
Luogo di conservazione: San Daniele del Friuli, Museo del Territorio, Inv. 246270
Epigrafe facente parte di un sarcofago.
Dimensioni: Alt.: 48 Lat.: 166 Crass./Diam.: 10 litt. alt.: 5-5,5

Testo:
Getacius Vincentius,
vir clarissimus,
et Turrania Iusta,
clarissima femina,
5 posuerunt
[si]bi.

Datazione: 300 d.C. / 350 d.C.

Bibliografia:
– SupplIt 12, 1994, pp. 119-120, nr. 9, con foto (F. Mainardis) – AE 1994 (1)
– AE 1994, 0679 (2)
– A.M. Andermahr, Totus in praediis. Senatorischer Grundbesitz in Italien in der frühen und hohen Kaiserzeit, Bonn 1998, pp. 284-285, nr. 240 (3)
San Denêl, Otantesin prin congrès, San Denêl, 26 di setembar 2004, Udin 2004, p. 243, fig. 11 (T. Cividini) (4)
San Denêl, Otantesin prin congrès, San Denêl, 26 di setembar 2004, Udin 2004, p. 203 (F. Piuzzi) (5)
– F. Mainardis, Iulium Carnicum. Storia ed epigrafia, Trieste 2008, pp. 133-134, nr. 38, con foto (6)
– Ubi erat lupa, ID-Nr. 15424, con foto (7)

Nota importante:
Nell’ambito del centro storico (precisamente, nell’ex-Albergo Italia, in via Roma) è stata allestita recentemente una struttura espositiva dedicata alla valorizzazione dello sviluppo urbano di San Daniele. Cittadini, visitatori, turisti, potranno così comprendere e apprezzare le fasi di formazione dell’insediamento abitativo nel corso dei secoli.

Periodo Storico: Basso Medioevo
Localizzazione Geografica