Prima della Pieve di Santa Maria Maddalena esisteva nel v secolo, sull’altura chiamata Cuel di Cjuce (Col di Zuca), un vistoso e importante complesso cultuale paleocristiano, una basilica, creata a scopo missionario dalla sede di Aquileia. La sua funzione istituzionale venne poi ereditata dalla Pieve, costruita sul vicino Col Santino.
In epoca romana era stato costruito su quest’ultimo colle un castello di grande importanza strategica per il controllo della vallata, il Castrum Ibligo, ricordato per la sua inespugnabilità anche da Paolo Diacono nell’VIII sec. ,  poi smantellato nel 1352.
Secondo gli studiosi (Biasutti e Menis), una chiesa dedicata a Santa Maria Maddalena sorse tra il VIII e il IX secolo, nel contesto di una riorganizzazione delle pievi operata dalla sede patriarcale di Aquileia in epoca longobarda, dopo le distruzioni arrecate alle più antiche fondazioni cristiane dalle invasioni barbariche. A quel periodo sembra portare l’epigrafe ancora esistente (databile tra i secc. VII – VIII, in virtù dell’iscrizione “lanuarius presbiter”presbiter indica, in quel periodo, il sacerdote che officia una chiesa battesimale), murata sulla parete meridionale dell’edificio.
L’ abbandono del Cuel di Cjuce e l’impianto della nuova Pieve sul più arroccato Col Santino sono la conseguenza della nuova situazione creatasi dopo la caduta dell’Impero Romano. Il profilarsi di un’epoca istituzionalmente più incerta e le migrazioni dei popoli causarono infatti anche la fine della Diocesi paleocristiana di Zuglio e il suo inglobamento in quella patriarcale. Dalla matrice del Col Santino si staccarono in epoca basso-medioevale le filiali di Avaglio, Trava, Villa Santina, Vinaio e Lauco.
Le origini della pieve di Santa Maria Maddalena vanno ricercate nell’insediamento tardo antico del Colle Santino. Le indagini archeologiche hanno infatti evidenziato la presenza di quattro edifici precedenti a quello attuale, collegati al castrum prima ed al castello poi. Il primo risalirebbe al VII sec. e sarebbe stato dedicato a S. Giovanni Battista. Il ritrovamento del frammento di una lapide battesimale ci permette di dire che già a quel tempo la chiesa presentava questa importante funzione e di conoscere i nomi di due tra i suoi primi gestori: il presbiter Ianuarius e il famolo Tevortoalio. All’XI sec d.C., momento della divisione della Carnia in plebanie e delle prime citazioni documentarie, Santa Maria Maddalena contava tra le sue dipendenze le comunità di Verzegnis, Lovasio, Villa, Lauco, Alegnidis, Vinaio, Avaglio, Trava ed Esemon di Sopra.
Si trattava di un edificio ad aula unica e con campanile a vela, dotato di vasca battesimale e di cimitero, come hanno rivelato le ristrutturazioni effettuate dopo i danni del terremoto del 1976.  Danneggiato gravemente da un sisma nel ‘700 e poi di nuovo nel ’76, è stato restaurato negli anni ’90 cercando di ripristinarne l’aspetto più antico.
La chiesa attuale, ad impianto romanico a tre navate, risalirebbe alla seconda metà del XV (1431) secolo e sarebbe opera del mastro Stefano del fu Simone di Mena, carpentiere di Venzone. Nello specifico l’edificio sarebbe stato realizzato utilizzando le pietre derivanti dal castello di Invillino, fatto smantellare dal Patriarca Nicolo di Lussemburgo nel 1352 per punire uno dei nobili friulani che aveva congiurato contro di lui. A lungo incompleto, l’edificio subì diversi rimaneggiamenti. Tali interventi si rivelano già nella facciata in pietra a vista, su cui si leggono chiaramente almeno due diversi momenti costruttivi.
La facciata romanica, con la sua superficie continua costituita da pietre squadrate, da all’edificio un aspetto al tempo stesso semplice e maestoso, esaltando il portale centrale dalle linee neoclassiche. In alto si possono ancora notare le tracce di una bifora ormai tamponata, memoria forse di un antico campanile interno.
La linea austera prosegue all’interno, dove il bianco delle pareti intonacate viene interrotto solo da alcuni elementi di pietra a vista, come le solide colonne in conglomerato locale, intervallati ad alcuni stucchi neoclassici e pilastri ionici. All’interno delle navate laterali, suddivise da quattro arcate, spiccano così gli altari impreziositi da policromie e dorature. Di due delle navate laterali, quella di destra reca la pala di “San Giovanni Battista ed il Redentore“del 1570 di Giovanni Antonio Agostini.
Al centro del coro spicca l’elemento di maggior pregio artistico, il polittico ligneo di Domenico da Tolmezzo, il maggiore intagliatore friulano del Quattrocento. Quello collocato nella pieve è una copia dell’originale del 1448 conservato attualmente nel Museo Diocesano d’Arte Sacra di Udine. Il polittico, che rappresenta simbolicamente il prestigio della chiesa plebanile, è costituito da una finta struttura architettonica su due livelli: nel livello inferiore, all’interno di nicchie dorate, stanno, a figura intera, al centro la Santa titolare della pieve contornata da quelli delle chiese tributarie, tra cui alla estrema destra S. Lorenzo. Nel livello superiore si trova a mezzo busto in posizione centrale la Madonna con il bambino fiancheggiata da quattro Sante. Il tutto è coronato da una cornice in cui svetta un Creatore trionfante sul mondo.

Orari di apertura:
La Pieve è visitabile in concomitanza di celebrazioni, eventi o aperture programmate, come nella festa della Santa Patrona (22 luglio), nella solennità dei Santi e nella Commemorazione dei Defunti (1 e 2 novembre). Per chi intendesse visitare la pieve in altri giorni/orari, è possibile rivolgersi alla Parrocchia di San Lorenzo, Villa Santina, tel. 043374201.

Periodo Storico: Basso Medioevo
Localizzazione Geografica