Nel 1284 Walterpertoldo di Spilimbergo ottenne dal vescovo di Concordia suo nipote, Fulcherio, l’autorizzazione a edificare una nuova chiesa dedicata alla Vergine Assunta e il 4 ottobre dello stesso anno venne posata la prima pietra per mano dello stesso Fulcherio con una cerimonia solenne; Walterpertoldo dotò la chiesa di alcuni benefici e si riservò anche il diritto di giuspatronato su di essa.
Il Duomo è orientato verso Est e, a causa della configurazione del suolo, presenta una particolare disposizione dei volumi, insolita nel territorio friulano. Il materiale di costruzione è piuttosto semplice: vengono, infatti, adoperati mattoni, conci di pietra e ciottoli di fiume e l’edificio è realizzato secondo lo stile gotico, con influenze che provengono dalla tradizione locale e dall’arte romanica.
Esternamente, la facciata, molto sobria nell’insieme, presenta sette rosoni a illuminare i vespri della sera, due dei quali sono stati recentemente riaperti; è, invece, di particolare rilievo la facciata settentrionale, che presenta un monumentale portale in pietra, realizzato da Zenone da Campione nel 1376, con copertura a tre volte e archetti trilobati. All’interno della lunetta è, poi, inserito il bassorilievo dell’Incoronazione della Vergine, mentre nei riquadri sottostanti si possono ammirare: L’Annunciata, L’Angelo annunciante, L’Agnello mistico e San Giovanni Battista; al di sopra del portale sono inseriti gli stemmi in pietra dei nobili casati di Solimbergo, Zuccola e Spilimbergo (vedi: Zenone_da_Campione_e_il_portale_del_1376). Alla sinistra del portale è ancora visibile l’affresco a grandi dimensioni di San Cristoforo. Non mancano elementi decorativi e architettonici lungo il perimetro dell’edificio.
L’interno si presenta a tre navate, di quattro campate ciascuna, separate da archi a sesto acuto; il soffitto è a capriata lignea e il presbiterio è stato rialzato per dar spazio alla cripta sottostante.
La navata sinistra è arricchita da tre altari di stile rinascimentale, il primo tra questi è dedicato a sant’Andrea e contiene la pala Martirio di sant’Andrea di Joseph Heintz il Giovane (1665); il secondo altare, di san Giovanni Battista, presenta la pala del Battesimo di Cristo e i santi Sebastiano e Lazzaro, realizzata da un pittore locale secentesco; accanto al pilastro davanti al portale, si trova un’acquasantiera che risale al 1466; l’ultimo altare è quello con il Crocefisso. Simmetricamente, la navata destra apre con un affresco che rappresenta la Fuga in Egitto, attribuito al Calderai e datato intorno al 1540; quest’opera è ricca di elementi simbolici come dimostra la presenza di draghi, cervi, tartarughe e unicorni. Successivamente, si trova l’altare di san Francesco, molto semplice nell’insieme, che ospita una tela del 1622 raffigurante San Bernardino in gloria tra i santi Caterina d’Alessandria, Francesco d’Assisi, Lucia, Antonio da Padova e Apollonia.
Proseguendo, è possibile ammirare una singolare opera del Pilacorte: la Cappella della Madonna del Carmine con balaustra, quattro Angeli candelofori e l’arco d’ingresso sulla cui sommità poggia un Cristo passo e ai lati due Angeli. Al termine della navata, è collocata la suggestiva cappella della Madonna del Rosario, al cui interno è posta la Presentazione al tempio di Giovanni Martini, in un contesto rinascimentale; l’opera del Martini è circondata da quindici tondi dei Misteri del Rosario e una lunetta raffigurante Madonna del Rosario e san Domenico, attribuiti al Narvesa (XVII secolo).
La navata centrale si caratterizza per pilastri marmorizzati e arricchiti di piccoli affreschi, tra cui l’affresco della Guarigione del cieco del Cramariis e l’affresco a grandi dimensioni di San Cristoforo, vicino alla cappella della Madonna del Rosario.
Dall’alto della navata centrale s’impone il maestoso organo in stile rinascimentale, realizzato nel 1981 da Gustavo e Francesco Zanin di Codroipo, a sostituire l’antico organo cinquecentesco, opera di Bernardino Vicentino per quanto riguarda gli elementi strumentali, di Venturino da Venezia per il cassone e del Pordenone per quanto riguarda la decorazione. Grazie ad un accurato restauro le portelle e il cassone sono state riportate all’originale splendore. Interessante è l’analisi delle due portelle: aperte illustrano la Caduta di Simon Mago e la Conversione di san Paolo, mentre una volta chiuse permettono di ammirare l’Assunzione della Vergine (oggi le tele sono state collocate nella navata sinistra); questa contrapposizione tra caduta e ascesa rimanda alla metafora della salvezza e della perdizione. La scelta delle tematiche non è casuale, aveva riscontri sul piano politico-religioso, infatti, è facilmente deducibile l’avvicinarsi dei Signori di Spilimbergo al luteranesimo e l’ostentazione di temi riconducibili alla Chiesa protestante, che fu motivo di numerose proteste e rivolte da parte della popolazione.
La cappella centrale è molto ricca e presenta il grande ciclo di affreschi che inizia sulla parete di destra con Storie del Vecchio Testamento (14 scene bibliche), dalla Creazione di Eva fino all’episodio di Giuditta ed Eloferne, e termina sulla parete opposta con le Storie del nuovo Testamento (14 scene evangeliche), dall’Adorazione dei Pastori e quella dei Magi fino alla Crocifissione.
Gli affreschi oggi appaiono in alcune parti molto logorati a causa della calce che veniva gettata anche sopra gli affreschi nei periodi di epidemie, per disinfestare l’ambiente. Nel 1858 gli affreschi vennero imbiancati e rimasero così nascosti fino il 1929-30, quando vennero scrostate le pareti. La fascia inferiore si presenta, invece, quasi integra; infatti, nel 1584, vennero qui collocati gli stalli lignei del coro (oggi nelle chiesa di san Pantaleone) che coprirono per circa trecentocinquanta anni gli ultimi episodi del Vecchio e del Nuovo Testamento.
L’opera pittorica fu realizzata in più momenti e sicuramente da mani diverse, ovvero dagli allievi di Vitale da Bologna, il quale aveva realizzato il ciclo d’affreschi all’interno del Duomo di Udine; gli allievi di Vitale da Bologna vennero dunque chiamati a Spilimbergo per riproporre attraverso i cartoni del maestro le stesse scene presenti a Udine. Le singole scene sono circondate da cornici ornamentali con motivi a carattere profano, come le teste di donna con i capelli sciolti e senza l’aureola. Anche le scene stesse del ciclo sono state motivo di discussione a causa della diversità nella scelta degli episodi trattati dalla normale prassi iconografica trecentesca; infatti mancano le scene del Battesimo e l’Ultima Cena, inoltre il ciclo termina con la Crocifissione, senza accennare al mistero cristiano della Resurrezione. Anche per quanto riguarda le scene bibliche, sulla parete destra, la scelta non è comune: l’Uccisione di Assalonne, il Ritorno di Tobiolo e Susanna al bagno sono episodi insoliti. Alzando lo sguardo, nella volta, è possibile ammirare dentro le vele ciò che rimane degli affreschi degli Evangelisti affiancati dai Dottori della Chiesa (vedi in calce descrizione degli ultimi interventi di restauro, ancora in corso).
Nell’abside destra si trova il fonte battesimale realizzato dal Pilacorte nel 1492 e la tela del Battesimo di Cristo. Tra le due finestre dietro l’altare s’innalza la Crocifissione. Come testimonia un’iscrizione su pietra sul lato sinistro della facciata della cappella maggiore, Spilimbergo, e in particolare il Duomo, ospitò l’imperatore Carlo V nell’ottobre del 1532; proprio nel Duomo fu celebrata una messa solenne in suo onore e, al termine della quale, in segno di riconoscimento, lo stesso sovrano nominò diversi cavalieri.
Ai lati della cappella centrale si ha accesso alla cripta sotterranea. La struttura poggia su poderose colonne che sorreggono le volte a crociera. Qui sono conservati alcuni affreschi del XIV secolo e si possono ammirare il sarcofago di Walterpertoldo IV (II di Zuccola) e l’altare di san Leonardo, fatto costruire dal conte Paolo di Spilimbergo nel XV secolo, per essere fortunatamente sfuggito alla prigionia turca.

Fonte: www.prospilimbergo.orginfo@prospilimbergo.org

Accanto al Duomo sorge la chiesetta di Santa Cecilia, la più antica di Spilimbergo (documentata fin dal 1271), che, al suo interno, conserva pregevoli altorilievi romanici e affreschi trecenteschi.

SPILIMBERGO (Pn). Tornano a splendere gli affreschi nel Duomo.
Tra i meglio conservati nel suo assetto originale, il duomo di Spilimbergo, la cui prima pietra fu posta nel 1284, anche all’interno rivela intatto il fascino di uno spazio essenziale, robusto e solenne, cui si sovrappose, con discrezione non invasiva, un rimodernamento quattro-cinquecentesco per opera di artisti quali Pilacorte, Giovanni Martini e Pordenone.
Fu in tale contesto che gli stalli lignei scolpiti da Marco Cozzi vennero addossati alla fascia inferiore del ciclo di affreschi che ricopre interamente la cappella maggiore: un occultamento provvidenziale e protettivo in quanto una volta rimossi intorno al 1929-30, in occasione del primo intervento di restauro sulle pareti che nel 1858 erano state scialbate, venne alla luce una decorazione con scene del Vecchio e del Nuovo Testamento molto ben conservata nel contesto di un più ampio ciclo di estrema importanza per l’arte friulana e non solo.
Da allora al centro dell’attenzione degli studiosi di arte medioevale, da Luigi Coletti a Maria Walcher, da Fulvio Zuliani a Michele Tomasi e Paolo Casadio, l’importanza della decorazione spilimberghese è collegata al fatto che guarda e a tratti riprende, entro il 1358, peraltro con una propria sigla stilistica, gli affreschi realizzati tra il 1348 e il 1349 da Vitale da Bologna, con aiuti, sulle pareti dell’abside del duomo di Udine, scoperti nel 1969 ma giunti a noi frammentari a causa dei pesanti rifacimenti subiti da quell’architettura.
spilimbergoSul ciclo spilimberghese seguirono ulteriori interventi conservativi, in particolare dopo il terremoto del 1976 quando una parte delle vele crollò con conseguente perdita di porzioni affrescate, ma solo in tempi recenti, dal 2016, è stata intrapresa una completa e complessa operazione di recupero della superfice pittorica originale, a partire dall’imponente Crocefissione che per un’ altezza di sette metri domina la parete di fondo della cappella, liberata da ritocchi e reintegrata pittoricamente per mano di Stefano Tracanelli, restauratore spilimberghese doc, che poi ha operato anche il recupero della parete sud nella adiacente cappella Bonini.
Ora, grazie a contributi regionali e al mecenatismo di un illustre spilimberghese che intende mantenere l’anonimato, ma che facilmente possiamo individuare tra i rari imprenditori del buon gusto, è in corso un intervento ancora più imponente, che con i suoi seicentocinquanta metri quadrati di superfice affrescata si segnala come uno dei più ampi cantieri di restauro in corso a livello nazionale.
Dalla volta alle pareti della cappella maggiore, oggi occupata da impalcature, l’èquipe di Tracanelli sotto la direzione dell’architetto Stefano Forte di Udine con l’alta sorveglianza della Soprintendenza regionale, sta riportando alla luce lo strato pittorico originale, facendosi strada tra i tanti ritocchi e la sovrapposizione di diversi metodi e materiali usati in precedenza, affidandosi a strumenti diagnostici quali riprese fotografiche in fluorescenza ultravioletta allo scopo di determinare la mappatura di vecchi interventi di restauro, di ritocchi pittorici alterati, al riconoscimento di ossidazioni chimiche degli strati decorativi e delle sostanze cristalline manifestatesi sugli affreschi, per stabilire il grado di contaminazione e mirare l’intervento di pulitura e decontaminazione.
E i primi risultati di questo restauro promettono una completa rilettura dell’intero complesso decorativo nella sua idea originale e nei suoi molti sorprendenti particolari, fino a oggi scarsamente leggibili e in futuro valorizzati mediante l’istallazione di fari con luci led: è ora nuovamente apprezzabile il fare rapido e abile della pennellata sull’intonaco bianco del fondo di preparazione, le diverse mani che vi hanno lavorato, la bellezza dei volti e di alcuni dettagli ma anche il più ampio e articolato comporre che si avvale di soluzioni geometriche, rivelando le battute di spago, gli spolveri e l’impiego dei cartoni, le stesure a velature di un colore che non è “buon fresco” bensì tempera.
In particolare riemergono i fondi paesaggistici e le architetture che ambientano le scene e ampliano lo spazio virtuale delle pareti, arricchendo l’intero ciclo di un innovativo senso delle proporzioni e di una tenuta spaziale unitaria, sollecitando dunque nuovamente l’attenzione su uno dei più innovativi esiti friulani della lezione di Vitale.
Vanno però anche segnalate, purtroppo, alcune problematiche strutturali emerse da un quadro fessurativo della volta, ora in fase di accertamento tecnico, che hanno portato a una momentanea sospensione dei lavori di restauro.
Capolavori fragili, dunque, e quindi ancora più preziosi, che grazie ai nuovi approcci conservativi, tornano alla luce nella loro originale forza narrativa ed espressiva, raccontando una felice epoca dell’arte friulana, stimolata, per dirla con Roberto Longhi, dall’ “alta e poetica figura di Vitale da Bologna”, dalla sua lezione di “vivace naturalezza, di grazia costumata, di improvvisa, favoleggiante liricità”.

Autore: Isabella Reale

Fonte: www.messaggeroveneto.gelocal.it, 25 nov 2020

Vedi anche: Spilimbergo_Il_duomo_e_gli_altri_edific di Gianpaolo Trevisan.

SPILIMBERGO (Pn). I restauratori fanno emergere dal muro meravigliose scene del gotico cortese.
E’ stata completata, in questi giorni, la prima parte del restauro degli affreschi vitaleschi della volta e del ciclo dell’Antico Testamento nel Duomo di Spilimbergo, grazie agli interventi eseguiti con il sostegno di donatori privati, della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia, del Comune di Spilimbergo e della Fondazione Friuli, con il coordinamento da parte della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio FVG
“Il progetto generale di restauro dell’intera superficie, risalente al 2015 e redatto dal restauratore Stefano Tracanelli, è stato suddiviso in lotti, per permettere la ricerca dei finanziamenti con i quali coprire i lavori. – spiega la Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio del Friuli Venezia Giulia.
Gli affreschi dell’abside del Duomo di Spilimbergo sono stati eseguiti tra il 1350 e il 1360 circa dalla bottega di Vitale da Bologna. L’opera, con oltre 700 metri quadrati di estensione che decorano l’abside principale della chiesa, rappresenta il ciclo di dipinti medievali più esteso dell’intero Friuli Venezia Giulia e tra quelli artisticamente più rilevanti a livello nazionale.
I soggetti raffigurano la maestosa Crocifissione di Gesù e l’Incoronazione di Maria, sulla parete di fondo; sulla volta gli Evangelisti ed i Profeti; sulle pareti laterali, il Nuovo Testamento a sinistra e l’Antico a destra.
Per concludere l’impegnativo restauro, resta il ciclo del Nuovo Testamentario previsto per il prossimo anno.
spilimbergo“Quello compiuto sugli affreschi del Duomo di Spilimbergo è un intervento che non solo riporta all’antico splendore un’opera monumentale gelosamente custodita nei secoli all’interno dell’edificio sacro, ma diventa anche un messaggio al mondo per far conoscere un capolavoro che appartiene al patrimonio culturale del Friuli Venezia Giulia”, queste le parole dell’assessore regionale alle Risorse agroalimentari Stefano Zannier intervenuto in occasione della cerimonia per il termine del lavoro di restauro degli affreschi”.
Gli affreschi del Duomo erano in alcune parti molto logorati a causa della calce che veniva gettata nei periodi di epidemie, per disinfestare l’ambiente. Nel 1858 gli affreschi vennero imbiancati e rimasero così nascosti fino il 1929-30, quando vennero scrostate le pareti.
La fascia inferiore si presenta, invece, quasi integra; infatti, nel 1584, vennero qui collocati gli stalli lignei del coro (oggi nelle chiesa di san Pantaleone) che coprirono per circa trecentocinquanta anni gli ultimi episodi del Vecchio e del Nuovo Testamento.
“L’opera pittorica fu realizzata in più momenti e sicuramente da mani diverse, ovvero dagli allievi di Vitale da Bologna, il quale aveva realizzato il ciclo d’affreschi all’interno del Duomo di Udine; gli allievi di Vitale da Bologna vennero dunque chiamati a Spilimbergo per riproporre attraverso i cartoni del maestro le stesse scene presenti a Udine. – è scritto nella Carta archeologica del Friuli Venezia Giulia – Le singole scene sono circondate da cornici ornamentali con motivi a carattere profano, come le teste di donna con i capelli sciolti e senza l’aureola. Anche le scene stesse del ciclo sono state motivo di discussione a causa della diversità nella scelta degli episodi trattati dalla normale prassi iconografica trecentesca; infatti mancano le scene del Battesimo e l’Ultima Cena, inoltre il ciclo termina con la Crocifissione, senza accennare al mistero cristiano della Resurrezione. Anche per quanto riguarda le scene bibliche, sulla parete destra, la scelta non è comune: l’Uccisione di Assalonne, il Ritorno di Tobiolo e Susanna al bagno sono episodi insoliti. Alzando lo sguardo, nella volta, è possibile ammirare dentro le vele ciò che rimane degli affreschi degli Evangelisti affiancati dai Dottori della Chiesa”.

Fonte: www.stilearte.it, 19 ottobre 2022

Vedi anche: – Trevisan Gianpaolo. Il duomo e gli altri edifici di culto in D’Arcano Grattoni Maurizio (a cura di) Spilimbergo e la Patria del Friuli nel Basso Medioevo “Forte d’Huomeni et bello d’ornamenti” Silvana Editoriale S.p.A. 2013: Spilimbergo_Il_duomo_e_gli_altri_edifici di culto

Periodo Storico: Basso Medioevo
Localizzazione Geografica
Visualizzazione delle schede relative a contesti archeologici visibili nell'arco di 5 km dalla località di partenza