La grotta si apre sul lato destro del sentiero che si diparte dalla strada S.Pelagio-Slivia, a poche centinaia di metri dall’abitato di S.Pelagio.
La grotta venne scoperta ed esplorata nella parte iniziale da alcuni giovani di San Pelagio, che ne disostruirono l’ingresso occupato da pietrame. Una lunga galleria che segue l’immersione degli strati porta all’orlo di un primo salto, dove si innesta un’altra galleria che scende da Nord; dopo un breve ripiano si incontra un ultimo pozzo chiuso da materiale di crollo.
La cavità è ricca di concrezioni calcitiche ed ha diverse analogie strutturali con la vicina Grotta Lindner, per cui è da ritenere che queste due cavità abbiano avuto una genesi ed un’evoluzione comune. Durante i lavori per disostruire l’ingresso della grotta vennero alla luce alcuni materiali fittili preistorici, tra i quali una grande ansa, dalla quale ha preso il nome la grotta, e con scavi intrapresi successivamente furono ritrovati altri resti di interesse archeologico.
Il rilievo della cavità, steso negli anni 1989-1992-1994, include due brevi diramazioni che non erano riportate sul rilievo precedente. La prima, che si sviluppa sulla destra dopo neanche dieci metri dall’ingresso, è venuta alla luce nel corso degli scavi archeologici degli anni ’70. Si tratta di un basso cunicolo con un breve salto, dal fondo argilloso. Purtroppo questa diramazione, a seguito dell’alluvione del 17-10-1992, durante la quale un corso d’acqua si riversò nella grotta dall’ingresso, è ora completamente ostruita.
La seconda diramazione si trova alla fine di un ramo ascendente che si sviluppa verso NW ed è costituita da cunicoli e cavernette riccamente concrezionate.
Scavi 1967 Gruppo Grotte “Carlo Debeljak” – età romana
Materiali ceramici: frammenti di anfore
Bibliografia: Durigon 1999
Scavi 1972 Associazione XXX Ottobre – Gruppo Ricerche di Paleontologia Umana – neolitico, età del rame, età romana, medioevo
Materiali ceramici: recipienti profondi a pareti convesse e bocca ristretta con orlo semplice o distinto; recipienti profondi a pareti cilindriche; scodelle a profilo troncoconico/convesso con bordo ispessito verso l’interno o assottigliato, a profilo convesso con orlo distinto; piatti carenati; bugne forate e non; fondi su piede cavo
2 recipienti verosimilmente profondi a pareti rientranti ed 1 forse simile con orlo distinto passante a collo verticale; piatti troncoconici; alcune bugne forate e non, 1 presa ellittica, 2 attacchi di ansa forse a nastro; alcuni fondi piatti leggermente a tacco, in 1 caso con impressioni;
recipienti profondi a pareti convesse e bocca ristretta; recipienti profondi a pareti cilindriche; recipienti profondi a pareti rientranti e orlo distinto, in alcuni casi nettamente passante a collo verticale; recipienti profondi a collo, in alcuni casi ben distinto dalla parete rientrante e in un caso con ansa a nastro fra orlo e spalla; recipienti profondi con orlo estroflesso; scodelle di diversa tipologia presenti in esemplare unico; 1 piatto carenato; altri recipienti: frammento di parete di vaso forse profondo con carena; anse di varia tipologia; fondi prevalentemente piatti e a tacco;
anfore di periodo romano di produzione orientale;
olle medievali di diversa tipologia.
Materiali litici: 11 strumenti su lama/lamella (fra cui 1 romboide) e 16 manufatti non ritoccati in selce; 1 frammento di lama d’ascia in pietra levigata
3 strumenti su lama/lamella e 16 manufatti non ritoccati in selce; 1 frammento di ossidiana
6 manufatti non ritoccati in selce
Materiali in osso/corno: 5 punteruoli in osso
Materiali metallici: 1 moneta d’argento (settore A – XIII sec. d.C.); 1 anellino a doppio filo ritorto di bronzo e 1 punta di freccia triangolare di ferro (rimaneggiato).
Depositi materiale: Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli-Venezia Giulia.
Bibliografia: Visentini 1992, Durigon 1999, Bin 2001-02.
Nota: Alcuni strumenti in selce (sp. dorsi e geometrici) rinvenuti nel livello neolitico e fuori strato potrebbero essere riferibili al mesolitico (Marzolini 1975-77, fig. 13), ma nel caso di alcuni microliti si potrebbe forse ipotizzare una datazione più recente all’età del rame (Montagnari Kokelj, Piano 2003, p. 91).