Il sito di Palù di Livenza è sito UNESCO dal 27 giugno 2011 nell’insieme dei “siti palafitticoli preistorici nell’arco alpino di Francia, Svizzera, Austria, Slovenia ed Italia”. E’ raggiungibile sia dal Comune di Caneva, sia da quello di Polcenigo.
Dal comune di Caneva due i percorsi possibili:
– si attraversa la frazione Fiaschetti, via Livenza, Tarcisa e Via Longone
– si attraversa la frazione Sarone, Via Col de Ros, poi possibilità di arrivare al Palù attraverso la strada pedemontana o via Longone.
Dal comune di Polcenigo:
– dal centro abitato di Polcenigo si percorre via Roma fino a raggiungere la Chiesa di San Rocco, poi via Livenza, fino a raggiungere il parcheggio sterrato nel quale è situata la cartellonistica informativa.
paluFino al 1837 il Palù era un’estesa palude che da questa data iniziò a essere bonificata e trasformata, perdendo a poco a poco la sua natura selvativa.
Il rinvenimento di pali lignei sepolti era già stato segnalato nell”800, ma solo dopo lo scavo del canale di bonifica nel 1965 e la scoperta dell’insediamento preistorico la rilevanza archeologica della località fu confermata. L’avvio di ricerche sistematiche, coordinate dalla Soprintendenza, di carotaggi geologici, rilevamenti subacquei, limitati sondaggi archeologici e di interventi di recupero nell’alveo del canale, a partire dai primi anni ’80 del secolo scorso, svelò l’evoluzione geologica del bacino negli ultimi 15,000 anni e mise il luce il villaggio palafitticolo.
I dati a disposizione indicano che vi fu una progressiva trasformazione del bacino a partire dal Tardoglaciale, passando da lago a palude, quindi a torbiera semiasciutta, fino alle attuali condizioni contraddistinte da un bosco dominato dalle querce caducifoglie, dai carpini e dalla vegetazione arborea igrofila di riva che si alternano ai campi arati e ai prati falciati.
Nel corso del Neolitico, invece, l’ambiente era caratterizzato principalmente da querce caducifoglie e noccioli e in misura minore da aceri, ontani e faggi, ora presenti solo nei boschi a quote superiori. Presenze occasionali risalgono alla fine del Paleolitico Superiore e al Mesolitico Recente, mentre la più intensa occupazione va riferita al Neolitico (4500-3600 a.C.).

Le indagini hanno messo in luce più di un migliaio fra pali infissi e travi orizzontali, pertinenti a pilastri di strutture portanti di impalcati aerei, sostegni per pareti ed elementi di bonifica del terreno che provano diverse fasi di vita del villaggio palafitticolo; tuttavia non è ancora possibile delineare una pianta completa delle capanne.
paluI materiali rinvenuti sono numerosi e contano strumenti in pietra, frammenti ceramici e alcuni oggetti in legno, tra i quali spiccano un frammento di pagaia, un grande vaso, un frammento di immanicatura d’ascia e un attingitoio in corso di lavorazione che attestano vari aspetti del vivere quotidiano: l’utilizzo di imbarcazioni, la conservazione di derrate o liquidi in contenitori, i lavori agricoli, la carpenteria.
I confronti rinviamo alla cultura dei Vasi a Bocca Quadrata nei suoi aspetti più recenti, a elementi della cultura di Lagozza e alle culture tardoeneolitiche dell’area alpina; alcuni elementi richiamano inoltre il mondo delle palafitte del Ljubljansko barje in Slovenia, altro elemento del sito UNESCO. Presenze isolate suggeriscono una frequentazione anche nell’Età del Bronzo. I dati paleobotanici rivelano un sistema agricolo basato su diversi cereali, con la preminenza dell’orzo, e integrato da frutti raccolti nel bosco, come nocciole e ghiande, mele e pere, corniole e fragole, more, ciliegie, uva e perfino fichi. I resti faunistici indicano un’economia pastorale incentrata soprattutto sui caprovini e completata dall’apporto della caccia, con una prevalenza del cervo, sugli altri animali selvatici.
Grazie alle buone condizioni dei resti organici e alla ricchezza dei materiali sepolti, il Palù è un importante archivio per comprendere la vita quotidiana in un villaggio palafitticolo della fine del Neolitico e le relazioni tra l’uomo e l’ambiente in epoche passate.
Il Palù è un’area umida di particolare pregio ambientale per la presenza delle sorgenti di risorgiva del fiume Livenza che sgorgano dal massiccio calcario cretaceo del Cansiglio e per la ricca e variegata vegetazione igrofila.
paluI resti del villaggio palafitticolo non sono visibili, perchè sepolti nel terreno o sommersi nell’alveo dei rami del fiume.
Al centro del bacino si sviluppa un sentiero che consente un facile percorso di visita nell’area del sito UNESCO, collegando le due zone di parcheggio per autoveicoli (ex Tiro al piattello e Santissima). Nell’area della Santissima è presente la targa UNESCO del sito.
Indagini archeologiche sono in corso di svolgimento in prossimità del canale di bonifica a cura della Soprintendenza; nei periodi in cui le ricerche sono avviate vengono organizzate visite guidate agli scavi.
Un luogo in prossimità della sorgente Santissima che merita la visita è la chiesa della Santissima Trinità già esistente nel 1339-1340, con radici che risalgono a un culto più antico.
Non distante dal Palù c’è l’oasi naturalistica del Parco di San Floriano di Polcenigo dove si svolgono attività di coltivazione e allevamento a scopo didattico.
Polcenigo è inserito nella lista dei borghi più belli d’Italia; il centro abitato è dominato dal Castello di origine medievale.
Interessante anche da punto di vista panoramico è il castello di Caneva di origini medievali posto sulla collina che domina il centro abitato e la pianura.
Una volta terminata l’esplorazione del Palù, si ha modo di continuare l’itinerario archeologico visitando il Parco di San Floriano, che è l’evoluzione abitativa del Palù per le genti che abbandonarono la palude per trasferirsi nella vicina altura e dove sono in corso opere di scavo per il recupero di un’importante necropoli.

Info:
paluSoprintendenza per i Beni Archeologici per il Friuli Venezia Giulia
Piazza della Libertà, 7 – 34132 Trieste
Tel. +39 040 4194711 – Fax +39 040 43634 – e-mail: sba-fvg@beniculturali.it

Comune di Caneva – Piazza Martiri Garibaldini, 8 – 33070 Caneva
Tel. +39 0434 797411 – Fax +39 0434 797115 – www.comune.caneva.pn.it

Comune di Polcenigo – Piazza Plebiscito, 1 – 33070 Polcenigo
Tel. +39 0434 74001

Fonte: http://www.altolivenza.eu/itinerari/a-piedi/67-palu

PALÙ DI LIVENZA
LA STORIA
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E’ un’importante zona umida della Pedemontana pordenonese. La ricchezza d’acqua grazie alle sorgenti del fiume Livenza, la varietà della flora e della fauna e i resti archeologici preistorici rendono la località un luogo affascinante dove la natura si intreccia strettamente con la storia più antica dell’uomo.
Dal 2011, Palù di Livenza è iscritto nella lista del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO come parte componente della serie transnazionale dei Siti palafitticoli preistorici dell’arco alpino assieme ad altre 110 località distribuite tra Svizzera, Francia, Italia, Slovenia, Austria e Germania. Grazie alla ricchezza dei ritrovamenti e, in particolare, all’eccezionale stato di conservazione dei materiali organici (legno, fibre vegetali, ecc.) che si preservano nella torba, Palù di Livenza è un importante archivio archeologico e paleoambientale per la conoscenza della vita nelle fasi finali del Neolitico tra la fine del V e la prima metà del IV millennio a.C.

I SETTORI 1 E 2
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Le ricerche svolte in passato a Palù di Livenza si concentrarono principalmente nelle due zone indicate come Settori 1 e 2, in corrispondenza del Canale Maggiore al centro del bacino non distante dal Settore 3. Nel corso delle indagini effettuate tra il 1989 e il 1994 furono rilevati quasi un migliaio di elementi lignei fra pali verticali ed elementi orizzontali pertinenti a pilastri di strutture portanti di impalcati aerei, sostegni per pareti ed elementi di bonifica del terreno. Le strutture individuate risultarono però in buona parte danneggiate dai lavori di scavo del canale che compromisero la stratigrafia archeologica. Uno degli aspetti più problematici di queste ricerche fu la mancanza di una correlazione diretta tra gli elementi strutturali, la stratigrafia archeologica e i materiali rinvenuti.
IL SETTORE 3
Gli scavi effettuati nel settore 3 hanno messo in luce numerosi pali e travi in legno, abbondante materiale ceramico e litico e scarichi di rifiuti che comprendono resti vegetali e ossa di animali.
L’occupazione neolitica è costituita da due orizzonti diversi formati da più livelli sovrapposti suddivisi tra loro da uno strato di abbandono. L’orizzonte superiore, riferibile a una fase tardoneolitica, è caratterizzato da scarichi di rifiuti molto ricchi di frammenti ceramici, schegge e strumenti in selce, residui di pasto costituiti da ossi di animali e resti organici che annoverano carboni di legna e semi carbonizzati.
L’orizzonte inferiore, attribuibile al Neolitico recente e, in particolare, alla III fase della cultura dei Vasi a Bocca Quadrata, è costituito da due livelli principali ricchi di materiali archeologici che si sviluppano a partire dal limo organico sterile.
Gli elementi lignei più profondi (pali infissi e travi in giacitura orizzontale) poggiano direttamente su questo strato di limo sterile che sembra costituire il livello da cui è partito il primo impianto delle strutture preistoriche. Nei livelli di questo secondo orizzonte sono stati rinvenuti manufatti in legno tra i quali si possono ricordare due palette da forno, un cucchiaio, un frammento di secchio, alcuni manici fratturati.
Vedi anche: Nuove ricerche al Palu di Livenza, lo scavo del Settore 3, di Roberto Micheli, Michele Bassetti, Nicola Degasperi, Luigi Fozzati, Nicoletta Martinelli, Mauro Rottoli.
Le pintadere del Palù di Livenza.
paluInteressanti sono le pintadere in terracotta. Il termine, ripreso dal portoghese, si riferisce a stampi per l’applicazione di pitture sul corpo o la decorazione di tessuti, ma non si può escludere l’utilizzo per marcare sostanze morbide quali il burro, la cera, la pasta di pane e l’argilla prima della cottura.
Al Palù sono attestate diverse pintadere sia a stampa sia a scorrimento o a rullo. Il primo tipo, più comune, ha un corpo allungato, decorato su un lato, e una presa a linguetta sul dorso. Il secondo tipo presenta invece una forma cilindrica con decorazioni in rilievo che grazie allo scorrimento producono un motivo contnuo. Questi oggetti consentivano di ottenere motivi decorativi vari: linee parallele, reticoli, zig-zag, serie di cerchi e spirali. Le pintadere sono frequenti nelle culture neolitiche dei Balcani e dell’Europa centrale, mentre in Italia settentrionale esse compaiono nella cultura dei Vasi a Bocca Quadrata, attestata con alcuni elementi al Palù, ma non predominante rispetto ad altre componenti culturali.
La presenza di pesi da telaio in terracotta nel sito tardoeneolitico avvalora l’ipotesi che si tratti di stampi per decorare i tessuti.
Pece di betulla: adesivo, disinfettante o gomma da masticare neolitica?
paluLe recenti indagini al Palù hanno portato alla scoperta di reperti a prima vista poco interessanti: si tratta di tre piccoli grumi di materiale organico con tracce di masticazione e di un quarto grumo informe: i primi possono essere assimilati alle classiche gomme da masticare, mentre l’ultimo sembra uno scarto.
Tutti i reperti sono ricavati dalla pece o catrame di betulla, che nella preistoria era utilizzata come adesivo, come riscontrato su alcuni oggetti dell’uomo del Similaun.
La pece si ottiene dalla distillazione secca della corteccia e il quarto reperto ne conferma il metodo, risultando un residuo del procedimento. Una volta indurita, la pece può tornare morbida, se masticata.
La betulla è diuretica, depurativa, antisettica e antinfiammatoria. Nella medicina popolare la pece era usata per la cura delle malattie della pelle, del mal di gola o dei denti, così come per la pulizia dentale.
I grumi di pece del Palù trovano un preciso riscontro con le “gomme” di Hormstaad-Hornie (Lago di Costanza, Germania) e ciò prova l’abitudine di masticare questa sostanza nei villaggi palafitticoli della fine del Neolitico.

paluFonte:
Ufficio Stampa e Comunicazione della Soprintendenza Archeologia, belle Arti e Paesaggio del Friuli Venezia Giulia
carmelina.rubino@beniculturali.it – sabap-fvg.comunicazionepromozione@beniculturali.it
+39 040 4527555 – +39 347 2460164

Bibliografia:
 – Il Palù di Livenza e le palafitte del sito Unesco: nuovi studi e ricerche, a cura di Roberto Micheli.
– “Lis Aganis” Ecomuseo Regionale delle Dolomiti Friulane – Comune di Caneva – Comune di Polcenigo – Gruppo Archeologico Polcenigo – 2018,
– AA.VV. VENETO E FRIULI VENEZIA GIULIA, Guide Archeologiche – Preistoria e protostoria in Italia – n. 7 – Palù di Livenza (Pn), al XIII Congresso Int. Scienze Preistoriche e Protostoriche, Forlì 1996,193 Edizioni ABACO, pp. 183-193.

Vedi estratto allegato: Il Palù di Livenza e le palafitte del sito Unesco, di Roberto Micheli

Vedi anche: QFA 29 Micheli, Bassetti, Degasperi – Roberto Micheli, Michele Bassetti, Nicola Degasperi. Nuove indagini e prospettive della ricerca nella palafitta preistorica del Palù di Livenza.

Info: Via Livenza, 2, 33070 Polcenigo PN

Ritrovamenti 2020:
CANEVA / POLCENIGO (Pn). A Palù di Livenza ritrovato un cucchiaio di legno: la scoperta durante gli scavi archeologici nel sito Unesco.
Come in altri siti neolitici sono numerosi i resti ossei di animali, i frammenti ceramici dei vasi e gli strumenti di selce, ma quest’anno, per la prima volta dall’inizio degli scavi, sono stati raccolti due frammenti di asce in pietra levigata dai livelli più tardi di occupazione del sito. Questi strumenti di pietra erano fondamentali per la trasformazione del legno e la produzione degli oggetti della cultura materiale in un periodo in cui non vi sono prove della lavorazione del metallo.
paluAnche in questa campagna di scavo le pintadere continuano a essere numerose dagli strati più recenti della fase tardoneolitica. Si tratta di stampi di terracotta che recano su una faccia una superficie decorata da linee incise o in rilievo con motivi curvilinei o lineari, a zig zag e a reticolo. Grazie a questi ritrovamenti, Palù di Livenza è ora uno dei siti neolitici italiani con la più ricca e varia collezione di pintadere proveniente da uno scavo stratigrafico ben documentato.
Di grande importanza sono inoltre i resti organici che si conservano perfettamente sia allo stato naturale originale che carbonizzati. Le ricerche hanno consentito di raccogliere dagli strati più profondi numerose mele selvatiche carbonizzate, oltre che abbondanti resti combusti di corniolo, ghiande di quercia e di semi di farro che suggeriscono la presenza di scorte alimentari bruciate, forse da un incendio. Inoltre, sono ben attestati i funghi del legno raccolti e utilizzati come esca da fuoco. L’uso di masticare la pece di betulla o altre sostanze resinose è confermato anche dagli scavi 2020.
Un ritrovamento eccezionale effettuato negli ultimi giorni proviene ancora dai livelli più antichi: è un piccolo cucchiaio di legno perfettamente conservato che prova le eccezionali capacità degli artigiani neolitici e un gusto estetico nella lavorazione del legno che esula dalla semplice funzionalità dell’oggetto.
L’acqua costituisce una componente fondamentale del Palù di Livenza e della sua complessità ambientale e idrogeologica. Come avevano capito già gli uomini del Neolitico, non vi sono leggi certe alla sua limitazione, ma solo forme di adattamento temporaneo alle oscillazioni irregolari nel tempo e ciò dipende senza possibilità di un controllo diretto dall’intensità delle precipitazioni che cadono nell’area montana sovrastante l’area umida.
paluPalù di Livenza, iscritto nei Siti palafitticoli preistorici dell’arco alpino del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO, è un archivio archeologico di straordinaria ricchezza e complessità sulla vita nelle aree umide friulane nel corso del Neolitico. L’ultima campagna di scavo ha confermato l’esistenza di tre villaggi palafitticoli sovrapposti tra loro e separati da brevi episodi di abbandono, che hanno restituito, oltre a resti di animali, frammenti ceramici, pintadere e strumenti di selce, due frammenti di asce in pietra levigata dai livelli più tardi di occupazione del sito e, dai livelli più antichi, un piccolo cucchiaio di legno perfettamente conservato, ritrovamento eccezionale e prova della maestria degli artigiani neolitici.
Quest’anno le ricerche sono state realizzate nel Settore 3 con finanziamento del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo sotto la direzione della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio del Friuli Venezia Giulia con il coordinamento del Funzionario archeologo dott. Roberto Micheli. Gli scavi, condotti sul campo dalla CORA Società Archeologica srl di Trento, si concluderanno domani dopo un mese e mezzo di attività. Le indagini archeologiche sono state rese possibili grazie alla fattiva collaborazione dei Comuni di Caneva, Polcenigo e Aviano e il supporto del Gruppo Archeologico di Polcenigo. Purtroppo le intense precipitazioni piovose che hanno interessato l’alto Pordenonese nel corso della tarda estate hanno rallentato, quando non sospeso, i lavori, nonostante il sistema di drenaggio di tipo wellpoint in azione.
Obiettivo della campagna 2020 era la messa in luce dei livelli più antichi della stratigrafia del Settore 3, continuando le indagini sul villaggio palafitticolo più antico individuato già nella campagna 2018. Le condizioni di impraticabilità dello scavo hanno consentito di indagare solo parzialmente i livelli più antichi, lasciando ancora aperti alcuni interrogativi sulle prime fasi di vita dell’abitato di Palù di Livenza.
paluLe ricerche si concludono con l’auspicio di poter riprendere l’anno prossimo gli scavi grazie a un nuovo finanziamento.
Proposito della Soprintendenza è poter concludere in breve tempo le indagini in questo settore, realizzando una sintesi complessiva dei dati raccolti nel corso delle campagne, iniziate nel 2013, per ricostruire la storia dei diversi abitati individuati in questo sito di grande eccezionalità.
Gli scavi del 2020 hanno infatti rilevato l’esistenza di tre villaggi palafitticoli, sovrapposti tra loro e separati da brevi episodi di abbandono. L’ultimo villaggio si può attribuire a una fase tardoneolitica tra il 3900 e il 3600 a.C., mentre quello della seconda fase è riferibile alla cultura dei Vasi a Bocca Quadrata, databile nei secoli immediatamente precedenti. Non vi sono al momento elementi di attribuzione certa della prima fase di occupazione palafitticola del Palù di Livenza, che può essere datata in via preliminare alla seconda metà del V millennio a.C.
Le indagini hanno messo in luce tre sistemi di fondazione delle palafitte neolitiche che si estendono in un’area circoscritta e pari a soli 48 metri quadrati.
Non si conoscono le caratteristiche delle capanne sopraelevate, ma si è potuto accertare che le palafitte erano edificate su delle spesse travi di quercia che servivano da sostegno degli alzati ed erano disposte sia parallelamente tra loro, sia a formare un reticolo regolare; questo sistema, comune alle tre fasi di abitato individuate, serviva a sostenere le capanne sopraelevate, limitando lo sprofondamento delle abitazioni nei limi naturali del bacino.
Fonte: www.messaggeroveneto.gelocal.it, 28 set 2020

Vedi anche: Piastra di cottura dal sito palafitticolo di Palù di Livenza di Giovanni Tasca, Michele Bassetti, Nicola Degasperi, Sergio Salvador, Roberto Micheli, in Incontri annuali di preistoria e protostoria – Focolari, forni e fornaci tra neolitico ed età del ferro: comprendere le attività domestiche e artigianali attraverso lo studio delle installazioni pirotecnologiche e dei residui di combustione, Bologna 2019.

Vedi anche: CANEVA (Pn). Nuove scoperte al Palù: trovata una preziosa ascia in sasso risalente al Neolitico.
«Nella palafitta cenavano con una minestra di farro e orzo, seguiva un secondo sostanzioso di selvaggina, perlopiù carne di cinghiale e cervo. Gustose mele selvatiche, fragole di bosco e more completavano il pasto. Prima di coricarsi tutti si pulivano i denti masticando pece di betulla. Ciò accadeva nel Neolitico, circa seimila anni or sono».
paluRoberto Micheli, archeologo della Sovrintendenza regionale che sta dirigendo la quarta campagna di scavi al Palù, ha potuto raccontare questa scena ai numerosi visitatori intervenuti alle giornate dello “Scavo aperto”, organizzate dalla Sovrintendenza assieme all’associazione Lis Aganis, Ecomuseo regionale delle Dolomiti Friulane.
Il cantiere coordinato dall’archeologo Nicola De Gasperi della società Cora di Trento, impegna da giorni, giovani archeologi e vari volontari del Grapo di Polcenigo, il locale gruppo arcghoelogico.
Il Palù, ora sorvegliato dalle forze dell’ordine, continua a restituire reperti del Tardo Neolitico (3.800 – 3.600 Avanti Cristo). Ossa di animali, selci, punte di freccia; preziosa, una piccola ascia in sasso che sarà attentamente esaminata, assieme alle pintadere (ceramiche o terracotte circolari) per segnare di simboli tribali pelle e vesti di lino. Le ricerche attuali nell’area palafitticola del Palù seguono quelle del 2013, 2016 e 2018, sempre sotto la direzione dall’archeologo Micheli. L’ultimo scavo, come gli altri, avviene con gli archeologi della Cora di Trento e i volontari del Grapo. Tutti, con l’aiuto di queste belle giornate di sole, si aspettano di superare i numerosi ritrovamenti di due anni orsono, quando le sorprese sembravano non dover finire mai.
Stavolta lo scavo si è allargato, con una nuova zona di ricerca sul lato est per altri dodici metri quadrati, portando l’area interessata a 48 metri quadrati, dai 36 iniziali. Dalla nuova zona stanno emergendo significative testimonianze del Neolitico al vaglio della Sovrintendenza regionale. La campagna di scavi rischia però di rimanere limitata, viste le sue potenzialità. Per approfondire ulteriormente le indagini archeologiche, dovrebbe essere finanziata da tutti i Comuni pedemontani.
Autore: Sigfrido Cescut                                                                                                                                                     Fonte: www.messaggeroveneto.gelocal.it, 20 set 2020

Vedi anche un opuscolo che sintetizza tutta la ricerca: Micheli_R_ed_2013_Vivere_sullacqua

Vedi un video di presentazione: Palù di Livenza: un tuffo nella preistoria tra le palafitte degli antenati.

Periodo Storico: Preistoria
Localizzazione Geografica
Visualizzazione delle schede relative a contesti archeologici visibili nell'arco di 5 km dalla località di partenza