resia

Nella zona nord orientale della Val Resia/Rozajanska dolïna, in comune di Resia/Rezija, in prossimità della frazione di Stolvizza/Solbica, si erge il Monte Castello, in lingua locale denominato ta-na Rado (toponimo che corrisponde alla parola Grad – castello, muro, fortificazione – sia nel dialetto resiano che nella lingua slovena letteraria), sulla cui sommità la Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio del Friuli Venezia Giulia in collaborazione con il Museo della gente della Val Resia/Muzeo od tih rozajanskih judi ed il Comune di Resia, dal 2018, ha avviato alcuni interventi di sondaggio archeologico eseguiti allo scopo di saggiare la consistenza del deposito di un tratto di una possente muratura e di alcuni edifici con il risultato di renderli, in parte, perfettamente visibili.

resiaIl sito in questione risulta essere una fortificazione, di periodo tardo antico, già descritta nella relazione riguardante tutto il territorio dell’abbazia di Moggio compilata nel 1656 da Jacopo Valvasone di Maniago (1500-?) per l’allora cardinale Carlo Borromeo (1539-1584) che fu abate commendatario della stessa abbazia dal 1561 al 1566 e conservata presso l’Archivio Storico Diocesano di Udine. Inoltre, già nel 1903, con cognizione di causa e provandone a dare una possibile datazione, se ne occupò l’archeologo e paleontologo Carlo Marchesetti (Trieste 1850-1926).

Le recenti indagini archeologiche condotte nel sito, di non facile accessibilità concluse nel 2020, sono state coordinate dalla dott.ssa Angela Borzacconi Funzionario archeologo presso il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Direttore del Museo Archeologico Nazionale di Cividale del Friuli. Queste sono state eseguite tramite: sondaggi mirati seguendo la morfologia del terreno; rilievi con posizionamento di punti fissi con GPS differenziale Trimble 5700 e stazione totale Spectra Precision Focus; ricognizione di superficie e documentazione delle anomalie morfologiche del terreno creando una mappa digitale dell’intera area archeologica (Fig. 2).

resiaSi trova ad un’altitudine di 1.083 m s,l.m., e si presenta come un complesso di edifici con caratteristiche costruttive simili, collocate a ridosso di un muraglione che percorre per intero tutto il versante settentrionale, occidentale e meridionale dell’area, lasciando scoperto il versante orientale che presenta una parete rocciosa a strapiombo.

resiaLa cima della montagna ha una superficie particolarmente piana e poco scoscesa, facendo supporre che siano stati effettuati alcuni importanti lavori preparatori atti a rendere l’area pianeggiante ed edificabile (Fig. 3). Durante le indagini archeologiche sono state evidenziate anche due strutture di forma circolare da interpretare come vasche per la raccolta di acqua piovana (Fig. 4).

resiaLe fondamenta del muraglione emergono dopo aver rimosso un cotico erboso di circa 10 cm e le sue dimensioni oscillano tra i 70 – 80 cm di larghezza e i 40 cm circa di altezza (Fig. 5 e 6).

 

resiaA ridosso di questo muraglione sono state scavate le fondamenta di una serie di strutture di forma quadrangolare, quasi tutti realizzati con lo stesso modello costruttivo caratterizzato da tre o quattro ambienti (Fig. 7) dei quali uno sempre munito di focolare.

In particolare, durante lo scavo dell’unico edificio realizzato con un solo ambiente in posizione sopraelevata e non a ridosso del muraglione (Fig. 8), è stata rinvenuta una struttura di combustione, più complessa, con una base in argilla concotta molto frammentata contornata da ciottoli (Fig. 9).
resiaSopra questo focolare che si presentava in cattivo stato di conservazione, in situ, sono stati rinvenuti frammenti cerami probabilmente di diversi oggetti. La piastra, di forma subcircolare, presentava un diametro approssimativo di 70 cm. Nello stesso saggio sono state ritrovate due scorie di fusione di metallo. Questo potrebbe far supporre che la stessa struttura di combustione poteva avere molteplici usi (cottura di cibi e/o lavorazione dei metalli). Questa piastra sembrerebbe sia stata ricavata direttamente sul livello di calpestio tramite un trattamento di lisciatura, volto alla creazione di un piano d’uso. La stessa presentava superfici abbastanza regolari, con spessore della piastra generalmente compreso tra un minimo di 1 a un massimo di 3 cm.  La parte più spessa della piastra, indurita dal calore, presenta una colorazione nerastra mentre, sfumando le parti più sottili erano caratterizzate da un colore dapprima rosso bruno e successivamente arancio acceso. La piastra sembra da interpretarsi solamente come un focolare, si esclude invece l’ipotesi che si potesse trattare di un forno dotato di copertura. Inoltre sotto e accanto alla piastra di cottura è stata campionata della terra dalla quale, dopo il suo lavaggio e flottaggio, sono stati recuperati alcuni semi di qualche cereale, si presume di frumento o farro, nonché ulteriori cocci di ceramica e qualche frammento osseo animale.

resiaGrazie ai ritrovamenti archeologici (prevalentemente frammenti ceramici, monete e oggetti in metallo e pietra di uso quotidiano) e alla posizione strategica del sito, vista la possibilità di osservazione a 360° sulla vallata e soprattutto sui principali passi di montagna (Fig. 10 e 11) che conducono alla valle dell’Isonzo/Bovška dolina, è ipotizzabile che questo insediamento fortificano sia servito come punto di avvistamento e controllo delle vie di accesso al territorio Italico.

resiaLa sua costruzione ed il suo utilizzo si potrebbe collocare all’interno di sistemi difensivi denominati Tractus Italiae Circa Alpes e Claustra Alpium Iuliarum approntati tra il III e il V sec. d.C. per il presidio e la difesa delle alpi orientali (passaggio preferito per le incursioni in Italia).

I lavori per il recupero delle murature hanno previsto il disseppellimento delle varie strutture che hanno portato alla luce materiale archeologico di diversa natura databile tra il IV secolo d.C. ed il VII secolo d.C.. Questo periodo, che corrisponde alla fine dell’Impero romano d’Occidente (476 d.C.) e le cosiddette “invasioni” delle popolazioni “barbariche” (germaniche, slave e di altri popoli di origine asiatica) e quello successivo che arriva fino al IX secolo d.C., è molto interessante per la storia di Resia.

resiaIl lasso di tempo in questione, che viene anche indicato con il termine “migrazioni di popoli”, portò alla formazione dei regni romano-barbarici che si sono formati nel V e VI sec. d.C. e comportò, per convenzione, la fine definitiva della tarda antichità e l’entrata nel Medioevo anche se gli storici moderni tendono, anche per il contesto del Friuli orientale, a prolungare questa fase fino appunto al IX secolo d.C..

Gli storici contemporanei, inoltre, sono indirizzati a considerare questo fenomeno sotto il profilo dell’etnogenesi dei popoli ovvero il processo di formazione di alcuni gruppi etnici. Infatti in questo periodo e più precisamente dal VII al IX sec. d.C. è storicamente accertato che anche in Val Resia, come in tutto il resto del continuum sloveno, sia iniziato l’insediamento di popolazioni slave. Nello specifico vi presero dimora una componente degli slavi migrati verso Meridione che si insediarono nella Stiria, nella Carinzia, nella Carniola e in Friuli nelle Alpi e Prealpi (Giulie e Carniche) e che gli storici chiamano pertanto slavi alpini cui si riconducono gli attuali sloveni. Ancora oggi gli odierni abitanti ne conservano comune lingua, cultura e tradizione. Questa popolazione, in questo territorio, fondò la Carantania, uno dei primi stati slavi indipendenti.

resiaA testimonianza di un probabile riutilizzo del sito archeologico, almeno in un primo momento, anche da parte degli slavi alpini, nella campagna di scavi del 2018, in uno degli ambienti sondati caratterizzato dalla presenza di un focolare si è trovata una pietra, di origine calcarea, con un foro al centro che può essere associata alla pietra utilizzata come protezione dai fulmini ovvero la pietra di Perun. (Fig. 12) Questo tipo di pietra fa parte anche della cultura materiale resiana e si utilizzava, ancora nella seconda metà XX secolo d.C., come oggetto apotropaico per proteggere gli edifici dai fulmini ed è riscontrato che questo oggetto fa parte della tradizione religiosa slava antica legata al culto del dio del fulmine Perun. Questa era una delle principali divinità degli slavi precristiani il cui nome significa direttamente «fulmine» (es. polacco piorun). Perun si ricollega, sul piano indoeuropeo, con le divinità supreme viste nel loro aspetto meteorico violento. Come dio del fulmine, a lui vengono attribuite delle particolari pietre che in tutte le regioni di cultura slava vengono appunto chiamate pietre di Perun o pietre del fulmine. Le pietre di Perun proteggevano dalla cattiva fortuna, dai malefici, dalle disgrazie e dai fulmini stessi.

resiaIl Museo della gente della Val Resia, in collaborazione con gli altri enti, ha pertanto voluto attivarsi, nel limite delle sue possibilità, per il recupero, la conservazione e la valorizzazione dei tratti murari anche al fine di procedere ad un’indagine archeologica più approfondita nella prospettiva di un più ampio piano di rivalutazione generale di tutta l’area dal punto di vista dei valori ambientali, storici e monumentali che rappresenta.

Autori: Sandro Quaglia, conservatore del Museo della gente della Val Resia
Federico Lonardi, studente di archeologia presso l’Università di Udine

Catalogo: Ta-na Rado. Un sito fortificato in Val Resia, a cura del Museo della gente della Val Resia, 2020.

Info:
Museo della gente della Val Resia, Via Udine, 11 – 33010 RESIA – Stolvizza (Ud)
Tel. 0433 454981 – muzej@rezija.comwww.rezija.com

Bibliografia:

  • BIGLIARDI, ALPE, ID CLAUSTRA ITALIAE, La trasformazione dei complessi fortificati romani dell’arco alpino centro-orientale tra l’età tardo-repubblicana e l’età tardo-antica, in AN 75 (2004), pp. 317-372
  • Dapit, ASPETTI DI CULTURA RESIANA NEI NOMI DI LUOGO, 1. Area di Solbica / Stolvizza e Korïto / Coritis, Padova, CLEUP, 1995, pp. 85 e 86
  • Dapit, ASPETTI DI CULTURA RESIANA NEI NOMI DI LUOGO, 2. Area di Oseanë / Oseacco e Učja / Uccea, Padova, CLEUP, 1998, pp. 70 e 71
  • Dapit, ASPETTI DI CULTURA RESIANA NEI NOMI DI LUOGO, 3. Area di Bila / San Giorgio, Njïwa / Gniva e Ravanca / Prato, Padova, CLEUP, 2008, pp. 54 e 148
  • Marchesetti, Carlo Marchesetti ed i castellieri, 1903-2003, in G. Bandelli, E. Montagnari Kokelj, Atti del convegno internazionale di studi, Castello di Duino (Trieste) 14-15 novembre 2003, Editreg, 2005, pp. 269-270 e 273.
Periodo Storico: Alto Medioevo
Localizzazione Geografica
Visualizzazione delle schede relative a contesti archeologici visibili nell'arco di 5 km dalla località di partenza