
Il 26 giugno 1324 la Confraternita di San Giovanni dei Battuti (che esisteva almeno dal 5 ottobre dell’anno precedente, quando aveva ottenuto dal Vescovo di Concordia la conferma dei propri statuti) iniziò, dopo averne chiesto il permesso ai signori di Spilimbergo, la costruzione di un ospizio per la cura e il ricovero degli infermi. Dopo un anno il nuovo ospizio e i terreni circostanti vengono destinati alla costruzione, in onore della Vergine Maria, di una chiesa intitolata a San Pantaleone, medico dell’imperatore romano Galerio Massimiano.
E’ questo documento che costituisce la prima notizia sulla chiesa nella quale nel 1327 si tenne la prima messa. Per un decennio la chiesa e l’ospedale vennero gestiti dalla Confraternita. Nel 1340 Bartolomeo di Spilimbergo chiese ed ottenne dal patriarca Bertrando di Saint-Geniès e dal papa, l’autorizzazione di costruire, a ridosso della chiesa, un convento nel quale ospitare i frati eremitani di Sant’Agostino. Separò la chiesa dall’ospedale, la cui cura materiale e spirituale fu lasciata alla Confraternita. I Battuti dovettero abbandonare la chiesa costruendo, poco lontano, una nuova chiesa intitolata a San Giovanni Battista, che venne consacrata nel 1361.
Il convento di San Pantaleone passò nel 1541 in mano ai Francescani ed è in quest’epoca che probabilmente la chiesa subì importanti modifiche assumendo l’impronta ancora oggi visibile e cioè a navata unica, coperta con tetto a vista con poderose capriate, costruite ad un’altezza maggiore di circa 3 metri rispetto alla copertura trecentesca, con tre absidi a pianta rettangolare.
E’ verosimile che il campanile, costruito sulle strutture murarie rinforzate della cappella laterale sinistra, risalga al XVI secolo, periodo nel quale venne costruito a ridosso della chiesa il convento, con ampio cortile definito sugli altri tre lati da edifici con porticato aperto al piano terra, con colonne poligonali ed archi a tutto sesto. Al primo piano presentava una serie di finestre rettangolari con al centro monofore e bifore con cornici. La trasformazione del convento ad usi residenziali ne ha in parte alterato l’aspetto originario.
Nel 1568-69 ai Francescani subentrarono le Monache Agostiniane che vi rimasero fino alla soppressione del convento in epoca napoleonica (1810). Se sull’esatto ordine degli ordini religiosi che si succedettero nel convento non vi è totale condivisione, quello che è certo è che nella chiesa vennero sepolti molti personaggi importanti della città, che in vita avevano mandato le loro figlie presso le suore e fatto notevoli donazioni all’ordine e alla chiesa. Alla fine del XVIII secolo si può attribuire l’ampliamento dell’abside di destra in un ambiente denominato “coro grande”, e la costruzione della Cappella della Madonna eretta nel 1760, con altare con la Madonna e due santi.
Dopo la soppressione del convento la chiesa divenne Parrocchia. Dal 1835 l’edificio venne nuovamente officiato dai frati minori, per cui è anche noto come chiesa “dei Frati”. Questi, nel 1839 fecero realizzare un grande soffitto piano affrescato da Gian Carlo Bevilacqua (Venezia, 1775 – Venezia, 28 agosto 1849), soffitto che venne demolito nel 1927 per motivi di stabilità. Vennero anche eretti due altari laterali, del Crocifisso e di Sant’Antonio, previo tamponamento delle due absidi laterali. Nel 1916 l’edificio venne requisito per necessità belliche e fu solo nel 1923 che la chiesa venne riconsacrata e dichiarata, nel 1930, monumento nazionale.
Oggi la chiesa si presenta con facciata a capanna sulla quale si apre un portale risalente al 1523, sormontato da un arco a tutto sesto ornato da rosette e una fila di decorazioni ad ovulo. Al di sopra, in una lunetta, una statua di Sant’Agostino del 1730 e ancora più in alto un grande occhio.
Con i restauri avvenuti tra il 1959 e il 1961 all’edificio venne restituito l’aspetto originario attraverso l’eliminazione delle modifiche degli ultimi secoli, rimettendo in luce la struttura gotica con gli archi ogivali, eliminando gli altari laterali e ricostruendo le volte a crociera delle absidi. All’interno la chiesa è oggi a navata unica, coperta da un tetto a vista con poderose capriate, con tre absidi a pianta rettangolare.
Nei restauri del secolo scorso vennero messe in luce delle fasce pittoriche a fresco con motivi geometrici e vegetali che seguono l’inclinazione delle falde di copertura, occhi con fasce decorative e resti di affreschi con figure di santi sui pilastri che dividono le cappelle e sulla parete sinistra a ridosso delle cappelle stesse.
Sono riconoscibili un Santo Vescovo del XV secolo sulla parete sinistra a ridosso della cappella, un san Cristoforo del XV secolo sul pilastro della cappella di sinistra ed un Sant’Antonio Abate del XIV-XV secolo sul piedritto dell’arco trionfale, oltre ad altri molto incompleti. Gli archi e i sottarchi sono decorati con motivi geometrici e floreali. Nella cappella di sinistra nel sottarco la decorazione contiene volti umani, dai tratti grotteschi, inseriti in rigogliose volute vegetali.
Fu solo In occasione dei restauri che cambiò l’intitolazione della chiesa nell’odierna Santi Giuseppe e Pantaleone e che venne trasferito qui il monumentale coro ligneo di Marco Cozzi da Vicenza (1420 circa – 1485), in precedenza nel duomo di Spilimbergo, che costituisce l’opera di maggior pregio artistico conservata nella chiesa.
Gli esecutori testamentari di certo pre’ Giuliano, che aveva lasciato una notevole somma per dotare il Duomo di Spilimbergo di adeguati stalli lignei, in assenza di botteghe locali specializzate in questo tipo di cori lignei di tipo gotico, si rivolsero nel 1475 a Marco Cozzi di Vicenza uno dei più famosi intagliatori del tempo che, sette anni prima, aveva eseguito un’opera analoga per la chiesa veneziana dei Frari.
Il coro che reca la scritta Marcus q. Johannis Petri de Vicetia fecit hoc opus 1477, venne realizzato tra il 1475 e il 1477. Esso comprende ventiquattro stalli su due ordini e un leggio, eseguiti con varie qualità di legno (acero, ebano, ciliegio, mogano e pero). I dossali degli scanni contengono due formelle ciascuno, la serie superiore scolpita, quella inferiore intarsiata. In alto, in riquadri, sono raffigurati a mezzo busto e in bassorilievo, il Cristo risorto, la Beata Vergine, 21 tra Santi e Sante (la figura di San Giovanni Evangelista è andata perduta). I Santi racchiusi nelle formelle sono riconoscibili perché hanno in mano o accanto, ben visibili, i tradizionali contrassegni o attributi. Le cornici che racchiudono i busti dei Santi sono abilmente intagliate con motivi a viticci e conchiglie.
In basso, anche qui entro riquadri, sono inserite vedute prospettiche realizzate in tarsia lignea (tecnica pressoché sconosciuta in Friuli ma largamente diffusa nella pianura Padana) realizzate, come quelle dei Frari, sulla base di cartoni di Lorenzo Genesini, più noto come Lorenzo Canozzi da Lendinara (1420-1477). L’intero coro è inoltre pieno di nicchie, cuspidi, foglioni, trafori e conchiglie, i cui particolari sono sottolineati da dorature.
E’ stato proposto che nella realizzazione del coro il Cozzi abbia coinvolto anche alcune maestranze esterne alla sua bottega come Bartolomeo dall’Occhio, titolare di una bottega autonoma in Udine che nello stesso periodo in cui il Cozzi lavorava al coro di Spilimbergo era impegnato nell’esecuzione di un’ancona dipinta e dorata per la chiesa di S. Maria di Lestans.
Il terremoto del 1976 ha provocato danni al campanile e alla chiesa. In occasione dei restauri dell’edificio sono stati messi in luce ulteriori lacerti di affresco. Il coro ed il leggio vennero restaurati nel 1866 e nuovamente tra il 1992 e il 1996.
Sulla parete destra si apre la Cappella Marsoni, dedicata alla Madonna della Cintura, costruita attorno al 1760 con altare coevo attribuito ad Antonio Bonazza. Sopra l’ingresso, in controfacciata, c’è un grande organo. Le Stazioni della Via Crucis sono opera recente della locale Scuola di Mosaico.
Fonti:
– Bergamini Giuseppe La scultura lignea nel Rinascimento in Pastres Paolo (a cura di) Arte in Friuli dal Quattrocento al Settecento. Società Filologica Friulana, Udine 2008
– Caufin Mattiuzzo Michela Il coro ligneo del duomo di Spilimbergo in Antichità Altoadriatiche XVIII Studi Spilimberghesi Arti Grafiche Friulane 1980
– Furlan Caterina Il coro ligneo del duomo di Spilimbergo in D’Arcano Grattoni Maurizio (a cura di) Spilimbergo e la Patria del Friuli nel Basso Medioevo: “forte d’huomeni et bello d’ornamenti” Silvana Editoriale Comune di Spilimbergo 2013
– Gerlini Dario, Giacomello Alessandro, Metz Fabio. Inaugurazione del restauro della chiesa dei SS. Giuseppe e Pantaleone e dell’organo. Spilimbergo – Domenica 8 dicembre 1985
– Pastres Paolo Quattrocento e Cinquecento in Pastres Paolo (a cura di) Arte in Friuli dal Quattrocento al Settecento. Società Filologica Friulana, Udine 2008
– Regione Friuli Venezia Giulia. Quaderni del Centro di Catalogazione e Restauro dei Beni Culturali. 16 Spilimbergo. Villa Manin di Passariano. Udine 1984
– Rizzi Aldo Profilo di storia dell’arte in Friuli. 2. Il Quattrocento e il Cinquecento. Del Bianco Editore 1979.
– Trevisan Gianpaolo. Il duomo e gli altri edifici di culto in D’Arcano Grattoni Maurizio (a cura di) Spilimbergo e la Patria del Friuli nel Basso Medioevo “Forte d’Huomeni et bello d’ornamenti” Silvana Editoriale S.p.A. 2013: Spilimbergo_Il_duomo_e_gli_altri_edifici di culto
– Sito chiese italiane:
http://www.chieseitaliane.chiesacattolica.it/chieseitaliane/AccessoEsterno.do?mode=guest&type=auto&code=65785&Chiesa_dei_Santi_Giuseppe_e_Pantaleone__Spilimbergo
Data ultima verifica: marzo 2022
Info:
Indirizzo: Via Giuseppe Mazzini, 33097 Spilimbergo PN
la chiesa è aperta in occasione delle funzioni religiose. Quanto rimane del chiostro del convento è visibile percorrendo un breve passaggio nella casa alla sinistra della chiesa.
Autore: Marina Celegon
Galleria immagini: Marina Celegon.