I resti dell’impianto produttivo di Carlino vengono individuati nell’autunno del 1970 in seguito a lavori di sbancamento dell’area per il consolidamento degli argini del fiume Zellina.
Vengono individuati ben sette forni per la produzione di laterizi e ceramica, con un vasto sistema di tettoie per l’essicazione dei semilavorati, magazzini, abitazioni degli operai, 2 pozzi, un complesso sistema di canalette per la distribuzione dell’acqua e per le fognature e una discarica ricchissima di materiali.
Il primo scavo viene programmato nel 1971 e viene proseguito solo nel 1975: sono queste le indagini che mettono in luce la maggior parte delle strutture che compongono il complesso artigianale.
Nel 1983 viene ripreso lo scavo: alcune trincee vengono realizzate per indagare più a fondo le strutture precedentemente messe in luce; queste indagini non hanno, comunque, aggiunto ulteriori conoscenze sulle diverse componenti strutturali dell’impianto produttivo.
Nel corso degli anni ‘90 il complesso di fornaci viene parzialmente sbancato a seguito della continuazione dei lavori di consolidamento degli argini del fiume e pertanto è andata quasi completamente distrutta la villa padronale di cui sono rimasti solo due vani pavimentati con cubetti di terracotta e l’angolo di una stanza con pavimento in mosaico policromo: su fondo bianco una cornice geometrica in nero racchiude le figure a colori di un calice e di un pesce (simboli cristiani?).

Un esame complessivo di tutti i reperti raccolti a Carlino durante gli scavi degli anni Settanta/Ottanta ha permesso di identificare la presenza soprattutto di manufatti in ceramica tra i quali è stato possibile distinguere quelli di probabile o sicura produzione locale e numerosi materiali di importazione da altre regioni della penisola italiana o del Mediterraneo.
Tali reperti non possono essere riferiti in alcun modo ai contesti di utilizzo, ma sicuramente furono impiegati nella vita quotidiana dagli abitanti del complesso residenziale che doveva svilupparsi nelle vicinanze dell’impianto produttivo. Essi hanno permesso di datare la frequentazione dell’area dal I a.C. al VII d.C. e di ricostruire i commerci che raggiungevano in questo ampio periodo cronologico la zona di Carlino.
Tra i materiali ceramici di frequentazione sono presenti anche manufatti appartenenti alla ceramica fine da mensa, al vasellame da cucina e alle anfore.
Le ceramiche fini sono quelle che gli antichi Romani utilizzavano sulla tavola per consumare i pasti. In generale i servizi da mensa erano costituiti da forme aperte, come piatti, ciotole, scodelle, destinate al consumo collettivo o individuale dei cibi e, in numero minore, da forme chiuse, come tazze e bicchieri.
Tra gli esemplari rinvenuti sono presenti, in quantità minori, quelli di età repubblicana-alto imperiale come la vernice nera, la terra sigillata aretina, nord-italica e orientale e le ceramiche a pareti sottili.
In quantità notevolmente maggiore sono attestate le produzioni tardoantiche, diffuse in tutto il bacino del Mediterraneo dal IV sec d.C. fino all’ Alto Medioevo, come la sigillata africana e quella orientale.
Il vasellame da cucina veniva impiegato per la preparazione e la cottura dei cibi. Oltre ai numerosi esemplari di olle (pentole) in ceramica grezza di probabile produzione locale, sono stati riconosciuti anche vasi da cucina provenienti dalle regioni egee (databili al II-III d.C.) e africane (diffuse dall’età alto imperiale almeno fino al V sec. d.C.).
Per quanto riguarda le anfore, sono attestati esemplari attribuibili alle produzioni italiche di età repubblicana-alto imperiale e medio imperiale. Più numerose sono le anfore tardo antiche di provenienza africana e orientale che attestano la vitalità dei commerci che raggiungevano la zona di Carlino fino al VII sec. d.C.

La fornace assume inoltre una grande importanza archeologica anche per la sua produzione di ceramica invetriata ritenuta, fino ad allora, di più tarda fabbricazione. Subito a est di questo sito il bosco Boldaratis conserva ancora una quarantina di grosse buche del diametro di circa 10-15 metri di forma circolare o subrettangolare che testimoniano l’estrazione dell’argilla per la fornace. Una foto aerea del 1938 (IGM volo 12.5.1938) rivela la presenza, ora non più visibile, di almeno un centinaio di queste buche su una vasta area a nord del bosco stesso.

Fonte: www.ipac.regione.fvg.itwww.comune.carlino.ud.it

Vedi catalogo scavo e materiale rinvenuto: Le fornaci della Chiamana

Periodo Storico: Età Romana
Localizzazione Geografica
Visualizzazione delle schede relative a contesti archeologici visibili nell'arco di 5 km dalla località di partenza