Il piccolo ma significativo museo raccoglie parte del ricco patrimonio storico artistico di uno dei più importanti edifici religiosi della Carnia, l’antica pieve di Santa Maria, e di altre chiese della parrocchia.
Il museo, ospitato dal 2010 nella restaurata ex Latteria Sociale Agrons-Cella ma avviato fin dal 1973 presso la pieve, é stato realizzato grazie alla tenace volontà di Pre Zef Cjargnel e di Monsignor Renzo Dentesano che per anni hanno favorito, con grande disponibilità ed attenzione, progetti di catalogazione, restauro, conservazione e valorizzazione del patrimonio delle chiese affidate alla loro custodia.
Nelle tre sale espositive, organizzate secondo adeguati parametri conservativi ed espositivi, sono raccolte opere di grande valenza artistica e culturale, testimoni della devozione al sacro espressa dalle popolazioni del luogo.
Numerose e significatve le opere di oreficeria sacra, realizzate a partire dal XIV secolo e sino ai giorni nostri. Si tratta di croci processionali, reliquiari, calici, lampade pensili, ostensori, paci, turiboli, candelieri ma anche di gioielli d’uso ornamentale, offerti dalla pietà popolare alla Madonna. Vari sono i materiali utilizzati per la loro realizzazione: oro, argento, argento dorato, metalli meno pregiati quali rame e ottone, mentre la resa degli elementi decorativi privilegia le tecniche dello sbalzo, del cesello e dell’incisione.
Preziosi paramenti liturgici sono esposti nelle vetrine, confezionati con splendidi tessuti dai preziosi filati e usciti dalle botteghe di maestri tessitori veneziani e carnici, ma anche francesi. Databili tra XV e XVIII secolo, documentano motivi decorativi molto diffusi e legati alla moda, resi con tecniche di grande raffinatezza.
Un fascino più discreto esercitano manutergi e tovaglie d’altare che ben rappresentano, nella tecnica e nei decori, antiche maestrie e mode che hanno attraversato territori e secoli.
Se ne ha un significativo esempio nelle cosiddette tovaglie “perugine”, realizzate con telai domestici dalle sapienti tessitrici carniche e donati alla pieve in occasione di nascite e matrimoni.
La qualità delle opere degli intagliatori friulani è attestata dal delicato gruppo scultoreo di San Martino e il povero, opera di Domenico Mioni da Tolmezzo (1447-48 – 1507), al quale si deve, forse con il concorso della bottega, anche la statua di San Rocco, da un piccolo Cristo crocifisso databile al Seicento e da un tabernacolo della stessa epoca.
Di buona scuola cinquesecentesca sono i due dipinti su seta (resti di uno stendardo della locale confraternita del SS. Sacramento che, istituita nella chiesa succursale dei SS. Michele ed Elena, possedeva sul colle di Pieve pure una sede ricordata dai documenti archivistici), che rappresentano l’Arcangelo S. Michele, la Vergine col Bambino ed un ostensorio gotico.
Datata 1567 è la pala d’altare del sanvitese Giuseppe Furnio (scuola dell’Amalteo), raffigurante un’interessante veduta del Canale di Gorto con le chiese, i siti più emblematici e con i titolari della pieve: S. Maria con Bambino, S. Giovanni Battista e S. Pietro.
Completa la collezione un piccolo nucleo di reperti archeologici, provenienti dal sito della pieve ma anche dagli scavi effettuati dal 1976 in poi nell’area dell’antica chiesetta di San Martino a Luincis. Si tratta di frammenti architettonici e di oggetti ceramici, vitrei e metallici che, insieme ad una serie di monete di varie epoche, testimoniano la storia più antica del territorio.
Il reperto più antico presente in museo è la Lavara di Cjanaia: frammento di lapide preromana con iscrizione non ancora decifrata, a caratteri nordetruschi/venetici. Fu rinvenuta sulla via preistorica che da Raveo (Val Tagliamento) immetteva in Gorto, passando proprio sotto il colle della Pieve. Tale via rimarca l’importanza strategica del sito in cui è ubicata la Pieve: sito che ospitò un castello medievale e forse, in precedenza, un castrum romano ed un castelliere più antico.
Seguono i Pipinacui (ora si trovano alla Pieve): coppia di misteriose figure di oranti sommariamente scolpite nel tufo carnico (dolomia cariata); la loro tipologia può far pensare ad un’arte barbarica molto antica, forse precristiana. La loro presenza sul colle di Pieve può essere testimonianza di un luogo di culto precristiano precedente la chiesa.
Dei ritrovamenti archeologici avvenuti nella zona prospiciente la pieve fanno parte diversi oggetti d’uso quotidiano, monete, fibule, resti di lanterne, e manufatti lapidei di piccole dimensioni.
Vi si trova anche un’iscrizione di epoca romana, 1884, da reimpiego, rinvenuta sulla strada che porta alla chiesa, tra le pietre del selciato, ora ricoperto dall’asfalto, furono rinvenuti alcuni frammenti di un’iscrizione, di cui solo uno leggibile.
Bibliografia:
SI, 386; GREGORUTTI 1884, p.381; MARINELLI 1898, p.263; GORTANI 1924, p.516; MORO 1956, p.146; GIORGESSI 1991-92, p.115 s.
Info:
Ovaro località Cella, strada statale 465, n. 92, 75 – 33025 Ovaro (Ud)
tel. (0039) 0433 60358 – e-mail: carnia.musei@cmcarnia.regione.fvg.it
Url: http://www.carniamusei.org
Nei mesi di luglio ed agosto: sabato dalle 16 alle 18 e domenica dalle 10.00- alle 12.00.
Aperto solo su richiesta nel restante periodo dell’anno (tel. 3341508074 Mara).
Per info: contattare la Rete Museale, tel. 0433 487779 o e-mail: carnia.musei@carnia.utifvg.it – ingresso gratuito.
Per approfondire:
M.B. Bertone, Il museo della Pieve di Gorto. Guida all’esposizione, Udine 2015
Vedi anche: Fabio Codeb. Il_turibolo_medievale_del_Museo_della_Pieve di Gorto, in Atti Acc. Rov. Agiati, a. 266, 2016, ser. IX, vol. VI, A