faedis

Nel 1934 furono intrapresi poderosi lavori di rifacimento che trasformarono l’edificio nelle fattezze attuali in stile neogotico. In quell’occasione gli scavi intaccarono il deposito archeologico precedente che doveva essere notevole e particolarmente interessante. Tuttavia, al di là di un centinaio di monete di età romana, ci restano solo alcune scarne notizie riportate da don G. Piccini. Il presule, che sovrintese ai lavori, ricorda che la chiesa esisteva già nel XII secolo (la prima citazione è del 1192) e ad essa “preesisteva una chiesuola costruita tra V e VII scolo. Il suo piano era circa 2 metri sotto il livello del nuovo pavimento. La sua abside semicircolare volta ad a oriente era larga circa due metri e mezzo ed era tempestata di piccole croci rosse”. Purtroppo manca qualunque tipo di documentazione ma, al di là delle certezze di Don Piccini sulla datazione dei resti, il riferimento a un piccolo luogo di culto con tali caratteristiche farebbero pensare ad un contesto piuttosto antico.
Sempre secondo il parroco rimanda al X secolo un rifacimento di cui erano visibili le fondazioni nel 1934. Una fase intermedia di XIV secolo è ben attestata da un documento del 1353 che ricorda il finanziamento di Gherardo di Cuccagna e di altri nobili per lavori che comportarono però molti anni di incertezze e sacrifici.
In sostanza, le notizie di don Piccini sono interessanti e incuriosiscono l’archeologo attento, ma non possono essere contestualizzate meglio. Solo a livello di suggestione può essere citata come esempio di un contesto affine, per complessità e caratteristiche, la situazione emersa nello scavo stratigrafico eseguito nel 2006 nel duomo di San Pietro a Tarcento, dove sono state messe in luce strutture cultuali a partire dall’età altomedioevale, se non precedente.
Nel nostro caso è evidente che la situazione doveva essere particolarmente complessa e palinsestica, con fasi edilizie che iniziavano addirittura dall’età romana. Ciò è confermato dal rinvenimento di un sesterzio di Domiziano, raccontato con un certo orgoglio dal prelato, che però tace del rinvenimento di molte altre monete romane, tuttora conservate nella canonica e catalogate dal Tagliaferri nel 1984.
faedisQueste, secondo lo studioso cividalese, presuppongono l’esistenza di due distinti tesoretti: uno di età repubblicana e uno imperiale, a cui si aggiunge un unico pezzo bizantino dell’XI secolo (imperatore Romano IV Diogene), che testimonia di per sé una circolazione monetaria di livello.
Non sappiamo nulla del contesto di ritrovamento. Probabilmente c’erano due tesoretti, come dice Tagliaferri, ma è anche possibile che alcune monete fossero state recuperate separatamente. Infatti si può immaginare che le monete fossero state selezionate durante i lavori del 1934 come oggetti preziosi e marcatori temporali importanti, tralasciando completamente le restanti testimonianze archeologiche mobili (è curioso che non ci sia notizia di ceramica, laterizi o altro). Inoltre, va notata una concentrazione più omogenea e significativa di monete attorno al 90 a . C. e tra il 60 e il 53 a. C.; solo una, sporadica, è del 138 a. C., mentre rare sono quelle tra 53 e 43 a. C. E’ possibile dunque ipotizzare un seppellimento avvenuto all’epoca della guerra civile tra Marco Antonio e Ottaviano.
Tra le monete imperiali ne abbiamo due di Vespasiano e due di Domiziano, mentre le altre si concentrano tra la seconda metà del III d. C. e l’inizio del IV d. C. con le ultime emesse da Valente (364-378), a testimoniare una tesaurizzazione avvenuta verso la fine del IV d. C., in un’epoca di grande instabilità politica.

Bibliografia:
– G. Piccini 1934, Notizie della parrocchia, Udine
– A. Tagliaferri 1986, Coloni e legionari romani nel Friuli celtico.

Immagini: scansione da cartoline.

Autore: Giovanni Filippo Rosset

 

Periodo Storico: Età Romana
Localizzazione Geografica