Saranno visibili eccezionalmente solo fino alla prossima piena del fiume i grandi blocchi lapidei del basamento di uno dei piloni del ponte romano sull’Isonzo, all’altezza della chiesetta della Mainizza, portati alla luce, nei giorni scorsi grazie alle indagini archeologiche svolte dalle ditte ArcheoTest e Petra, con il coordinamento dell’archeologa Tiziana Cividini e sotto la direzione scientifica di Angelina De Laurenzi, funzionario della Soprintendenza per i Beni Archeologici del FVG.
L’intervento, nell’alveo isontino, sul versante di Savogna, che è stato reso possibile grazie all’eccezionale siccità estiva e al contributo di Autovie venete S.p.a., ha consentito di recuperare allo studio uno dei basamenti dei piloni del ponte, che si presenta a pianta rettangolare, parzialmente conservato in alzato. La scoperta, di grande interesse archeologico, scientifico ed ingegneristico, permette, principalmente, di definire le imponenti dimensioni della base: 9 metri di lunghezza per 4,5 metri di larghezza.
I blocchi squadrati, dilavati dalla lunga permanenza in acqua, erano coperti da uno strato consistente di ghiaia. Una serie di pali di legno, infissi verticalmente e utilizzati, verosimilmente, per bloccare le pietre o per armarle in corso di costruzione, è distribuita lungo il perimetro della struttura messa in luce.
Gli archeologi ipotizzano, verso est, l’individuazione dello strato originale di crollo e, in base alla disposizione delle pietre, verso nord, lungo il lato più esposto alla forte corrente del fiume, l’esistenza di una sorta di rostro o frangiflutti.
Stando alle ipotesi ricostruttive formulate sulla base dei ritrovamenti di resti compiuti a più riprese tra il 1963 e il 2003, il ponte, su cui passava la via Aquileia-Emona (attuale Ljubljana) individuata nel luglio del 2011 sempre durante i lavori per il raccordo Villesse-Gorizia, doveva avere una lunghezza di oltre 200 metri. Qualora le arcate fossero state a distanze regolari, si dovrebbe pensare ad almeno 11 piloni.
La prosecuzione delle indagini dovrebbe consentire di stabilire se la base poggia direttamente sul conglomerato naturale o piuttosto su un dado di fondazione, solitamente ottenuto mediante una gettata di calcestruzzo entro casseforme stagne.
Con questa ultima scoperta, che si aggiunge a quella relativa ad alcuni manufatti lapidei lavorati, recuperati nella primavera di quest’anno, viene confermata l’importanza del luogo. Infatti, sul lato destro del Pons Sonti sorgevano una stazione di posta (mansio) ed un abitato di notevole rilievo, solo parzialmente indagati. Sempre nella zona si sviluppavano le necropoli e un’area cultuale di cui è testimonianza la famosa aretta votiva scoperta nel 1923, conservata presso il Museo Archeologico Nazionale di Aquileia, recante una dedica al dio del fiume, l’Aesontius, e datata tra la fine del II e l’inizio del III secolo d.C.

Redattore: Carmelina Rubino

Fonte: MiBAC, set 2012

Bibliografia:
– Pierluigi Banchig.  Ponte Sonti

Nel mese di agosto del 2017, dopo un lungo periodo di siccità, tornarono evidenti numerose pietre certamente residui delle strutture del ponte. Ad alcuni sopralluoghi non emersero novità rispetto a quanto già conosciuto e descritto dell’allegato documento di Pierluigi Banchig.
A documentazione si riportano alcune immagini relative.

 

 

 

 

 

Vedi anche: Stefano MAGNANI, Pierluigi BANCHIG, Paola VENTURA, in Aquileia Nostra, Anno LXXXVI 2005, Il ponte romano alla Mainizza e la via Aquileia Emona

 

 

 

 

 

FARRA D’ISONZO (Go). Una pietra romana emerge dall’Isonzo, la scoperta a Savogna.
Un antica pietra è riemersa dalla acque dell’Isonzo. Ieri mattina, i vigili del fuoco del Friuli Venezia Giulia sono intervenuti a Savogna su richiesta della Soprintendenza archeologia regionale, provvedendo al recupero nell’alveo del fiume di un elemento lapideo di origine romana. L’opera è riconducibile al così detto Ponte della Mainizza, che sorgeva nei pressi in epoca imperiale. Si trattava della struttura che attraversava il fiume Aesontium e che faceva parte della strada romana che collegava Aquileia ad Aemona, l’odierna Lubiana.
Il percorso proseguiva oltre verso il Danubio: la struttura, più volte distrutta e ricostruita – anche con il riutilizzo di blocchi decorati o iscritti, parte di monumenti che sorgevano lungo la strada – era stata già identificata nel secolo scorso e pure in passato il fiume aveva restituito a più riprese alcuni di questi materiali. Il prezioso reperto, segnalato da un cittadino goriziano nelle settimane precedenti, riporta un’epigrafe frammentaria in lingua latina ed è stato imbragato dai sommozzatori del Nucleo di soccorso subacqueo e acquatico di Trieste.
Il tutto è stato recuperato tramite un escavatore cingolato in dotazione al Gruppo operativo speciale del Comando di Udine. Una volta portato a riva, il reperto è stato trasferito, sempre sotto la supervisione del personale della Soprintendenza, presso il Museo di documentazione della civiltà contadina friulana di Farra d’Isonzo, dove con l’ausilio dell’autogru del comando dei vigili del fuoco di Gorizia è stato scaricato. Il reperto verrà esaminato e studiato in vista di una futura fruizione da parte del pubblico.
Alle operazioni di recupero hanno collaborato i carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale di Udine e delle locali stazioni di Gradisca e Savogna e personale del Comune di Farra, senza dimenticare la disponibilità del personale del Servizio difesa suolo regionale, dell’Ente tutela patrimonio ittico, del Comune di Savogna e di specialisti dell’Università di Udine.
Fonte: www.ilgoriziano.it, 2 giu 2022

Leggi anche:
Numerosi sono gli studi, rimasti anche inediti, dedicati al ponte romano sul Fiume Isonzo situato circa a 800 metri a monte della confluenza del Vipacco. I resti strutturali si conservano nell’alveo del corso d’acqua poco più a nord del passaggio del raccordo autostradale in direzione di Gorizia.
L’esistenza del manufatto è nota almeno dalla metà del XVII secolo e la sua trattazione è indissolubilmente legata alla questione della grande viabilità dell’Italia nord-orientale in età romana. Un significativo aggiornamento dei dati si deve a particolari condizioni ambientali avvenute nel 2003 (prosciugamento dell’alveo a seguito di un lungo periodo di siccità), che hanno permesso di documentare i resti dell’infrastruttura, lunga quasi 200 metri, e accertare almeno una sua importante fase di ristrutturazione.
Il rilievo ha interessato due pile del ponte, formate da blocchi rettangolari in calcare d’Aurisina, ben riconoscibili per l’ammasso di elementi lapidei. E’ stata calcolata la luce dell’arcata fra le due pile, corrispondente a 11,80 metri (40 piedi romani) e sono state chiarite le modalità costruttive, con un apparato ligneo di fondazione. Durante la verifica realizzata in occasione del PPR sono stati riconosciuti alcuni blocchi squadrati del ponte tra il pietrame posto nei pressi di una palizzata lignea, creata in anni passati per convogliare le acque verso un mulino posto a valle.
La lunga serie di ritrovamenti avvenuti nel tempo in località Mainizza, comprese iscrizioni di carattere votivo (si segnala la piccola ara con dedica all’Aesontius) e funerario, restituisce l’immagine di un abitato di una certa rilevanza situato nei pressi del ponte destinato all’attraversamento del Fiume Isonzo.
La località Mainizza, sulla destra idrografica del Fiume Isonzo, deve il suo sviluppo in età romana al passaggio di una delle principali che fecero capo ad Aquileia. Si tratta della più importante via di collegamento tra l’Italia e l’area danubiana, ben documentata nelle fonti itinerarie antiche: l’asse Aquileia-Emona incontrava dopo circa 21 chilometri la stazione Ponte Sonti, come riportato nella Tabula Peutingeriana.
Fonte: www.ipac.regione.fvg.it

 

Vedi anche: http://www.simfvg.it/doc/paesaggio/ppr/archeologici/U51_ponte_alla_mainizza.pdf

 

Immagine di testa a cura dell’Associazione Culturale Lacus Timavi – Monfalcone.

Periodo Storico: Età Romana
Localizzazione Geografica
Visualizzazione delle schede relative a contesti archeologici visibili nell'arco di 5 km dalla località di partenza