
Dietro le absidi del Duomo, sul limite del fossato castellano, sorge la chiesa di Santa Cecilia, la più antica chiesa del Borgo di Spilimbergo. Non si sa quando fu costruita; è forse contemporanea al Castello se non addirittura precedente. Il nucleo originario del castello, la torre-mastio, era protetta da un proprio recinto e costituiva il castello propriamente detto. Attorno stava il più ampio circuito a protezione delle case del borgo e oltre il recinto, la chiesa di Santa Cecilia, secondo un assetto confermato dai saggi di scavo.
Il primo documento che ricorda la chiesa è la copia di una pergamena, che riporta la donazione di Waltherus Bertholdus de Spengiberch, capostipite degli Spilimbergo, al nipote Giovanni, del Castello di Morsano con tutti i diritti annessi e connessi. Questo atto fu redatto nella chiesa di Santa Cecilia nell’anno 1271. A pochi anni dopo (1290) risale il testamento dello stesso Walter Perthold, in cui è citato un lascito per la chiesa di S. Cecilia.
Durante la visita pastorale dell’anno 1584 del Vescovo di Parenzo Cesare de Nores la chiesa si presentava in pietose condizioni. Questa trascuratezza era legata al fatto che le funzioni liturgiche già da un secolo si tenevano nel Duomo, consacrato nel 1453. Nella cappella si tenevano solo le riunioni del popolo per eleggere le cariche amministrative e per discutere sulle questioni che interessavano la Comunità. La necessità di ospitare le lunghe sedute durante i mesi freddi portò alla costruzione di un fogolâr, conservato nei restauri quale segno storico degli usi e dei costumi.
Verso gli anni 1830-40 la cappella fu adibita a cella mortuaria e cella per le autopsie a servizio del cimitero, all’epoca collocato attorno al Duomo, e in tale occasione venne demolito l’altare e rimossi tutti gli arredi sacri. Nell’anno 1852 il cimitero venne spostato in un’altra zona e la chiesa venne abbandonata e trasformata in ripostiglio. Nei primi decenni del novecento la chiesa venne destinata a sede dell’Associazione «Scouts». Il terremoto del 1976 rese la chiesa inagibile e nel 1978 la Soprintendenza decise di riparare la chiesetta, ristrutturandola e rendendola di nuovo agibile. Oggi è destinata alle attività della parrocchia.
L’edificio originario era una piccola aula con abside semicircolare. Sulla facciata c’è una porta rettangolare costruita nel 1506, nella parete sud due finestre. Sul retro rimangono tracce dell’absidiola della costruzione originale demolita nel 1584 perché pericolante.
La chiesa misura 5,48 metri in altezza, 7,75 metri di lunghezza e 4,67 metri di larghezza. L’attuale pavimento in mattoni è stato posato durante i restauri del 1979. Internamente non presenta alcuna linea di stile, se si eccettua l’arco trionfale romanico che si apriva sull’abside demolita.
Nella parete destra si apre l’antica porta d’ingresso nel cui arco sono scolpite due figurine rattrappite da alcuni ritenute di epoca longobardo-romanica. Una tiene nella mano destra una chiave e nella sinistra un libro, l’altra tiene una spada, segno del martirio, o un bastone e dalla sua spalla destra pende una bisaccia di pellegrino. Si ritiene si tratti di San Pietro e dell’apostolo San Giacomo, quest’ultimo molto venerato nel medioevo.
Durante i lavori di ristrutturazione, stonacando i muri, vennero alla luce lacerti di affreschi, tracce di dipinti del tre-quattrocento. Forse la chiesa era tutta affrescata; ma i terremoti e le manipolazioni dopo le pestilenze hanno lasciato il segno. I lavori del 1506, per l’apertura della porta grande e delle due finestre, hanno mutilato tre trittici. Due affreschi sono ben conservati: gli altri sono, a mala pena, leggibili.
Entrando in chiesa a destra si vedono una santa, la Madonna che allatta il bambino, Sant’Antonio abate, Santa Maria Maddalena, Santa Cecilia.
Sulla parete a sinistra vi è una Madonna con Bambino con Santa Cecilia che, pur nelle sue modeste dimensioni, mostra influssi giotteschi e per questo è stata proposta una datazione entro il quarto decennio del Trecento.
Sulla parete d’entrata vi è un trittico con tre santi incoronati rovinati causa l’apertura della porta.
Non è noto se anche le pareti dell’abside di Santa Cecilia, abbattute nel 1584, fossero decorate con affreschi: sussistono, sull’arco santo, lacerti di un’Annunciazione e dell’offerta di Caino, parte di un perduto e più vasto programma iconografico.
La chiesa ospita esposizioni e nel periodo natalizio un grande presepe.
Autore: Marina Celegon
Bibliografia:
– Casadio Paolo. La pittura murale a Spilimbergo nel Trecento: il duomo e le chiese minori in d’Arcano Grattoni Maurizio (a cura di) Spilimbergo e la patria del Friuli nel Basso Medioevo. Silvana Editoriale S.p.A. 2013
– D’Arcano Grattoni. “In burgo Spegnimbergi”: l’edilizia pubblica e privata in D’Arcano Grattoni Maurizio (a cura di) Spilimbergo e la patria del Friuli nel Basso Medioevo. “Forte d’Huomeni et bello d’ornamenti”. Comune di Spilimbergo Silvana Editoriale S.p.A. 2013
– Pastres Paolo. Dal Romanico al Gotico, l’arte nell’età dello stato patriarcale in Pastres Paolo (a cura di) Arte in Friuli. Dalle origini all’età patriarcale. Società Filologica Friulana “Graziadio Isaia Ascoli” 2009
– Tesolin Lorenzo – Chiesa di Santa Cecilia in Spilimbergo. A cura Parrocchia 1980
– Trevisan Gianpaolo. Il duomo e gli altri edifici di culto. In d’Arcano Grattoni Maurizio (a cura di) Spilimbergo e la patria del Friuli nel Basso Medioevo. Silvana Editoriale S.p.A. 2013: Spilimbergo_Il_duomo_e_gli_altri_edifici di culto
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